giovedì 28 dicembre 2017

SCALOPPINE DI PESCE SPADA IN AGRODOLCE AL BERGAMOTTO


Devo ringraziare Anna Laura Mattesini di Eat Parade blog per aver lanciato l'appello a realizzare una ricetta col bergamotto per la Giornata Nazionale del bergamotto del Calendario del Cibo Italiano, perché era uno di quegli ingredienti che sai che esistono ma non ti decidi mai a scovare e ad utilizzare!!
Non l'avevo proprio mai visto né assaggiato. Lo sconoscevo giusto come aroma del famoso tè Earl Grey che mi piace molto. So che si usa in profumeria e stop.


La zona di  maggior produzione italiana  è la fascia costiera della provincia di Reggio Calabria. Le sue origini non sono certe, probabilmente una variazione dell'arancia amara, e il nome pare derivi dal turco "berg amudi" = pero del signore, per la sua forma che ricorda un po' la pera bergamotta. La polpa è molto acida e più amara quando è poco matura,  la buccia è ricca di oli essenziali che sprigionano una fragranza particolarissima e molto intensa, fresca e amaricante. E' una miniera di vitamine e contiene molti nutrienti preziosi per la nostra salute che tengono a bada trigliceridi e colesterolo e aiutano la circolazione, un super food a pieno titolo!
Altre info su Calendario del Cibo Italiano 

Ho trovato i bergamotti in un supermercato su al Nord, incredibile vero? Però ne sono rimasta compiaciuta perché girando fra i banchi e ammirando ogni sorta di frutta esotica, mi sarei arrabbiata se non avessi trovato i bergamotti!! E invece sono stata accontentata. C'erano pure i cedri ma non i chinotti per dire...comunque, missione compiuta!
Nella confezione ho trovato delle utili istruzioni per l'uso dello Chef Davide Oldani che raccomanda un'infusione di bucce di bergamotto e alloro, che ne esalta il gusto. Prendo subito nota naturalmente.
E poi ripesco un'idea di Moreno Cedroni che ho già sfruttato altre volte, il puré di patate al lime, variando l'agrume originale con quello di turno,  e quindi vado di bergamotto!! Superlativo!
Non voglio rifare la stessa ricetta cedroniana che comunque è notevole: Carpaccio tiepido di palombo con puré di patate al lime e salsa di rucola;  cambio pesce: il pesce spada mi sembra più in sintonia con la Calabria, luogo di maggior provenienza dei bergamotti italiani,  e poi opto per un agrodolce, utilizzando un miele d'agrumi, coerentemente di Calabria. Una ricetta semplice ma non banale e soprattutto di grande intensità e che profumerà tutta la casa!




Ingredienti per 2 persone

400-450 g  trancio di pesce spada mediterraneo, meglio ancora se proveniente dallo Stretto di Messina  (spessore 1 -1,5 cm)
1 cucchiaio di miele d'agrumi di Calabria
Succo e scorze di 1/2 bergamotto* non trattato (50 ml ca)
1-2 foglie  d'alloro fresco
olio evo dal gusto fruttato, non amaro
farina 0 qb
sale qb

Per il puré:
250 g di patate gialle
succo e scorza di 1/2 bergamotto* non trattato (50-60 ml)
latte, olio evo fruttato, non amaro qb

1 finocchio grande
* i bergamotti utilizzati pesavano 200-250 g cad.


Lavo le patate, senza asciugarle, bucherello la buccia e cuocio in microonde, coperte, per 3 minuti per parte, girandole a metà cottura. Le taglio a metà ancora bollenti e senza pelarle, le passo nello schiacciapatate, la pelle rimarrà attaccata al disco forato dello strumento. Raccolgo la polpa passata in un pentolino, diluisco con un po' di latte, fino ad ottenere la cremosità voluta, manteco con olio e infine aromatizzo con la scorza grattugiata e il succo del bergamotto. Regolo di sale.

Lavo, mondo e affetto finemente il finocchio. Scotto le fette un minuto nel microonde senz'acqua e poi le faccio tostare in padella antiaderente, appena velata d'olio. Condisco con un pizzico di sale e i ciuffi verdi del finocchio, a crudo.

Privo la fetta di pesce spada della pelle e della spina centrale, ricavo 4 scaloppine che infarino abbondantemente e poi faccio rosolare in padella antiaderente con poco olio e la foglia di alloro, girando da ogni lato.  Bagno con un'emulsione di succo di bergamotto e miele appena scaldato in modo da scioglierlo bene,  faccio consumare un poco, aggiungendo anche le scorze grattugiate. Tempo di cottura 4-5 minuti massimo, per lo spessore indicato.

Servo le fette di spada nappandole con la cremina formatasi, una quenelle di puré e le fette di finocchio tostate. Narici e palato si inebriano, gioiscono e ringraziano!!

mercoledì 13 dicembre 2017

DA ROMANO, FRANCA E ROBERTO A VIAREGGIO


Accendo il computer, apro un nuovo  file word, il foglio bianco virtuale è lì che aspetta  con aria beffarda che  lo riempia di caratteri,  mi fa innervosire.  Fisso lo schermo in attesa di ispirazione, non so da che parte cominciare. Il foglio bianco sembra anche più bianco del solito e mi sale l’ansia.  “E’ facile per te vero? Non devi preoccuparti di altro, te ne stai lì tutto candido  e aspetti. Ma se io non ti apro, non esiti. Quindi sii riconoscente e collabora. Aiutami. Ispirami!”  
Sto parlando col computer? Sto delirando? Ma no, dai,  alla fine ho trovato il “la” d’inizio che cercavo e giustifico l’ansia,  perché scrivere del Ristorante Romano diViareggio, un’istituzione per la Versilia e la Toscana tutta ma anche uno dei primi ristoranti di pesce d’Italia,  non è compito facile e per me non è solo scrivere un articolo, riempire un foglio bianco, è  rendergli omaggio in modo degno e sincero  con sentimento e riconoscenza perché questo provo e questo voglio esprimere per onorare e ringraziare una delle più grandi coppie della ristorazione italiana, Romano Franceschini  e la moglie Franca Checchi, così come il  figlio Roberto, maître di sala  e sommelier,  per l’accoglienza che mi hanno riservato, per la considerazione concessa al Calendario del Cibo Italiano e alla sottoscritta,  per la schiettezza con cui si è svolto il nostro  piacevole incontro  e,  arrivando al dunque,  per le squisitezze che mi hanno fatto assaggiare!

Tutto era partito da una lampadina che mi si era accesa, appunto, per il nostro Calendario. A novembre stavamo programmando gennaio in redazione e il tema di una giornata, che non svelo naturalmente, mi ha fatto pensare a loro.  La propongo a Roberto, che conosco solo virtualmente    ma  che seguo  e stimo da molto tempo, soprattutto da quando una  volta, mi salvò da un incidente diplomatico, facendomi notare in modo spiritoso e molto signorile, con un messaggio privato,  un errore  che aveva riscontrato in un mio articolo per cui lo ringraziai molto! Un gesto non da tutti che mi lusingò.
L’idea è stata accolta con entusiasmo anche dai genitori che avevo avuto il piacere di conoscere invece di persona in una giornata festosa e soleggiata lo scorso settembre alla Perla delMare.  Franca e Romano  si erano concessi  una breve fuga romantica tra Bolgheri, Castagneto e San Vincenzo ed erano stati a pranzo dall’amica chef Deborah Corsi con la quale collaboro. Anch’io ero presente quel giorno perché avevamo degli ospiti olandesi  per un raduno di  jeep d’epoca americane che aveva creato una simpatica kermesse  e vivacizzato la tranquilla  atmosfera settembrina, divertendo molto anche  Franca e Romano.

Nel concordare la data del nostro incontro, proposi di andare a Viareggio per loro convenienza naturalmente,  in orari  anche fuori dal servizio pranzo o cena, in un giorno infrasettimanale;  invece Roberto replica “no, vieni pure a pranzo, si mangia qualcosina e si fanno due chiacchiere tranquilli”. Non me lo faccio ripetere due volte, mi piace molto andare in “missione” solitaria e soprattutto a pranzo così posso fare le foto con la luce naturale diurna.  Ma mai avrei immaginato che “mangiare qualcosina” si sarebbe trasformato in  un pranzo degustazione memorabile in cui ho potuto apprezzare molti esempi  della loro generosa e celebre cucina, saldamente fondata  su basi  classiche e tradizionali dove la materia prima eccellente, scelta personalmente da Romano al mercato viareggino,  viene esaltata in modo  ineccepibile. La carta è vasta e integrata anche da  proposte che volgono al contemporaneo  con slanci  modernisti  creativi e abbinamenti  sorprendenti ma mai esasperati, piuttosto  ben calibrati e coerenti  nel  rispetto del protagonista assoluto che è il pesce!


Dalla mia panoramica postazione singola, elegantemente apparecchiata, con tanto di roselline bianche e  singolari piatti di ceramica con temi marini, mi sono goduta pienamente  le danze dei protagonisti della sala osservando  la loro naturale propensione a ricevere gli ospiti e ad intrattenersi con loro  con  garbo schietto tra il famigliare e il professionale.  Patron, maître e camerieri volteggiano con grazia fra i tavoli;  più pacato e riservato  Romano, più brioso ed esuberante   Roberto,  accudiscono tutti con disinvolta competenza e grande attenzione.  Mamma Franca, la chef,  fa capolino dalla cucina per salutarmi e si siede con me a chiacchierare e raccontarmi quello per cui ero  venuta, deliziandomi con affettuosi amarcord della mamma che si ingegnava per riempire la pancia di nove pargoli e tanti altri particolari che riservo per il Calendario.   Chiedetemi se ero felice!

Ero stata un paio di volte  a cena da Romano con mio marito, alcuni anni fa e rammento ancora i piatti mangiati, come ho confidato  a Franca.  In seguito , abbagliata dalle estrosità avanguardiste, ero incuriosita da altre situazioni.   Ma i tempi cambiano e, maturando, si riapprezzano i grandi classici che resistono alle mode  passeggere ma che non  si cullano sugli allori  e si aggiornano continuamente, aprendosi al nuovo  pur rimanendo fedeli al proprio stile.  Questo è il ristorante Romano, un pezzo di storia della cucina italiana di cui hanno scritto  le migliori penne gastronomiche, che  ha festeggiato lo scorso anno i 50 anni di attività e il suo fondatore  ha ricevuto quest’anno il premio alla carriera da parte della Guida Ristoranti dell’Espresso.  Celebrato inoltre da tutte le più importanti guide italiane ed estere, si fregia di una stella Michelin dal 1985.


Si aprono le danze con uno Champagne Roederer Brut per darmi il benvenuto e per accompagnare un  “frittino” da manuale,  lieve come una nuvola, arricchito anche da una sogliola sporzionata al tavolo dal valente Luigi.


Proseguo con una degustazione di vari crudi in tutta la loro nuda e splendida naturalezza  e una divertente tartare di scampi invece condita con maionese di pesce, limone salato , pomodoro confit, grue di cacao, rapanelli e finocchi

Si alternano proposte super classiche e spicchi di modernità  fra un  signor bollito di sparnocchi (le  mazzancolle a Viareggio), scampi, cicale e calamaretti e carciofi con maionese espressa  e  una succulenta triglia panata che mantiene tutta l’umidità e il gusto della triglia nel cuore mentre all’esterno crocchia soavemente grazie ad una panatura friabile e lieve, accompagnata da stracciatella di burrata e mousse di melanzana leggermente affumicata da sogno.  E col vino  si passa al Pagliaio Bianco, il vino “di casa”: un gradevole Doc Colline Lucchesi proveniente dal podere di famiglia, fino a poco tempo fa, seguito personalmente da Romano e ora ceduto.



Mi deliziano anche con  i leggendari calamaretti ripieni di crostacei e verdure, un sublime capolavoro di Franca, in carta da 30 anni!

E le nostre chiacchiere continuano.  Soddisfo  la curiosità di Roberto e gli racconto nel dettaglio le mie attività  e ci confrontiamo su molti temi caldi come i social, le critiche gastronomiche, il ruolo della sala, trovandoci in sintonia su tutto così come per i vini, pur riconoscendo la mia modestissima esperienza rispetto alla sua enciclopedica conoscenza e grande esperienza che vanta anche un periodo di apprendistato dal mitico Le Cirque di New York.  Appena accenno all’evoluzione del gusto e dichiaro la mia passione per vini profumati ma asciutti e acidi o tannici,  poco “femminili” insomma,  raccontandogli delle degustazioni fatte nel Wachau quest’estate tra Grüner Veltliner e Riesling,  i suoi occhi brillano di gioia ed ecco apparire un succoso e profumatissimo giovane Riesling della Mosella dalla fornitissima cantina che meriterebbe un articolo a sé!


Riesling ad accompagnare due assaggi di primi piatti semplicemente superlativi:  bottoni di pasta fresca ripieni di orata ed erba cipollina su crema di conchigliacei e un tocco di quel limone salato della tartare che indovino facendo la mia bella figura 


e ancora dei voluttuosi spaghettoni alla chitarra con polpa di cicale e peperoni cruschi dal gusto così intenso da avvicinarsi a quello di una bottarga fresca di muggine.  Pazzeschi entrambi, da non saper quale scegliere  e non mi preoccupo se non è molto tecnica come espressione  ma io non sono una critica gastronomica, sono una semplice appassionata che gusta e condivide quando si diverte e qui mi sono mooooooolto divertita!

Quasi come un pre dessert, Roberto mi propone anche due gamberi al miele di castagno la cui opulenza è equilibrata e armonizzata dai carciofi fritti ma che forse il mio palato stanco non apprezza a sufficienza.
Al dolce, stanca o non stanca,  non posso dire di no e dal momento che ero indecisa fra due, me li fanno assaggiare entrambi, in misura ridotta s’intende.
Dopo il pre-dessert vero, composto da una elegante piccola pasticceria fra cui spicca un cioccolatino bianco con ricotta e polvere di alloro oltre a ghiottonerie varie a base di altri cioccolati, gelée di lamponi e pure un cubetto di panforte, arrivano i dessert. 


Piccoli grandi capolavori di ingegneria dolciaria del pastry chef Giorgio Altomonte, soprattutto il primo con delle meringhe fatte a tubicino che non avevo mai visto. Mi appunto tutti i componenti della colorata scenografia : carpaccio di rabarbaro, meringhe al vin brulé, salsa al melograno, yogurt greco, composta di pere e foglioline di origano fresco.  Da ola! Non aggiungo altro..
Anche il secondo mi piace molto, sono quei dolci non dolci, leggeri e freschi con frutta e verdura che trovo molto divertenti  : insalatina di carota selvatica, arance e sedano, cremoso di carota, gelato Ace, mandorle salate e crumble di speculoos… Ooooooosssssignore!!  
Puntuale come un orologio svizzero, il  sommelier non mi lascia a becco asciutto e coi dolci mi versa un delizioso moscato d’Asti Scrapona di Marenco.

Ero un po’ annebbiata verso la fine, lo ammetto;  forse sono stata scortese a non voler neanche scorrere la sostanziosa carta di caffè, thé e tisane, che invece meritava attenzione, affidandomi alla  scelta di Roberto, e non rimango delusa,  che opta per un'ottima speziata miscela indiana, se non ricordo male, perché è l’unica cosa che non mi sono segnata!! 


Il rum très vieux Agricole “ammazza caffè” della Martinica, che non capita tutti i giorni,  invece l’ho immortalato. Raramente bevo superalcolici ma ormai avevo fatto trenta, come si suol dire, ho fatto anche trentuno e il godimento  è stato assoluto e mi riprometto di camminare almeno un paio d'ore prima di rimettermi in auto verso casa!


Prima di congedarmi non ho resistito ad infilarmi nella bella cucina, ampia e ben articolata e riesco ad immortalare la chef Franca all’opera così come il suo bravo e giovane sous chef Andrea Papa.


Mi rendo conto che sono lì da più di tre ore,  il tempo  è volato ma mi sono gustata ogni singolo istante.  Più che soddisfatta per la missione compiuta, mi concedo un’ultima foto con i miei gentili anfitrioni e mi congedo ringraziandoli di cuore per la splendida esperienza offertami, una di quelle che si imprimono indelebili nella memoria, olfattiva, gustativa ed emotiva.  Provare per credere!


 Appuntamento a fine gennaio per il contributo della chef Franca Checchi per il Calendario del Cibo Italiano! 



domenica 10 dicembre 2017

POVERIMABELLIEBUONI ALLA FESTA DELLA COLATURA DI CETARA



Cetara sta a Poverimabelliebuoni come La Mecca ai mussulmani!  Potete immaginare la mia felicità? Mi sentivo come Alice nel paese delle Alici (cit. l’amica Anna Laura), durante il blog tour del Calendario del Cibo Italiano a cui ho partecipato dal 1° al 3 dicembre, in occasione della  tradizionale festa  della  Colatura di Alici di Cetara,  il prezioso liquido ambrato, erede del garum romano, dal profumo e gusto penetrante di acciuga salata, che connota fortemente il  grazioso borgo di pescatori di origini saracene, arroccato sulle scogliere della costa d’Amalfi. 
La manifestazione, organizzata dal Comune di Cetara in collaborazione con gli Amici delle Alici,  l’Associazione per la valorizzazione della colatura di alici di Cetara Dop e con il contributo della Regione Campania,  si svolge dal 2006,  ai primi di dicembre, per onorare la tradizione che prevede in questo periodo la spillatura della nuova colatura che andrà a condire le tipiche linguine o spaghetti di Natale.

Tutto era iniziato ai primi di ottobre mentre stavo preparando il testo per l’articolo del Calendario del Cibo Italiano per la  giornata nazionale della Colatura di Alici di Cetaradel 7 novembre.  Conosco la colatura e la uso da tempo ma ho verificato e aggiornato on line le mie nozioni e ho trovato pane per i miei denti sul sito Colatura di alici, dove ho scoperto anche la festa della colatura e ho pescato i contatti dell’associazione Amicidelle Alici che non potevano che diventare miei amici! Ed ecco che con l’assessore alla cultura del Comune di Cetara, Angela Speranza, abbiamo concordato una collaborazione con il nostro Calendario e un un gruppo di food blogger  composto da Cinzia Martellini Cortella, Cindystar blog,  Sabrina Gasparri, blog Les Madeleines di Proust Anna Laura Mattesini, Eatparade blog, Pasquale Alberico, I sapori del Mediterraneo e la sottoscritta,  è stato ospitato a Cetara, durante la manifestazione,  per un gustoso ed interessante approfondimento storico, culturale e culinario. Vedi  articolo riassuntivo su Il Calendario del Cibo Italiano
Accompagnati da  Angela, energica e infaticabile  coordinatrice della manifestazione, nonostante la gravidanza avanzata, abbiamo visitato alcune aziende che producono il saporito condimento:  IasaNettuno Prodotti Ittici Delfino, oltre ad Agrocetus, produttore di liquori ed altre specialità dolciarie a base di agrumi.   Nei “caveau” abbiamo potuto ammirare e odorare gli effluvi salmastri provenienti dai  terzigni, le tradizionali piccole botti di rovere (così denominate perché misurano un terzo delle botti bordolesi classiche),  dove vengono fatte maturare fino ad  alcuni anni  le acciughe destinate alla produzione della colatura.  Abbiamo appreso  i vari stadi dell’intero processo di produzione tradizionale della colatura di alici, protetto da un disciplinare rigoroso grazie alle dettagliate spiegazioni  e dimostrazioni pratiche offerteci  dai produttori che hanno risposto con piacere a tutte le nostre domande, svelandoci  ogni particolare, curiosità e aneddoto  e  fornendoci  ricette e consigli per l’uso della colatura in cucina, che è un concentrato di sapidità marina e va usata con cautela. Le dosi consigliate variano da 1 a 2 cucchiai ogni due di olio extra vergine per condire gli spaghetti, fuori dal fuoco perché più si cuoce e più si concentra, quindi l’ideale è aggiungerla a crudo. Alcune ricette di spaghetti con la colatura qui


Appena arrivati, ci siamo  rifocillati a pranzo nella prima azienda visitata, Iasa, che ci ha offerto una degustazione di  quattro tipi di tonno conservato sott’olio:  bianco (alalunga), rosso mediterraneo, tonnetto o alletterato (applausi da Poverimabelliebuoni) e ventresca di pinne gialle e ancora  branzino, orata e naturalmente alici sott’olio (fantastiche), abbinati a ricotta di bufala e treccia di mozzarella freschissime. L’azienda di Pellezzano, Salerno, è stata fondata dalla famiglia Di Mauro, di origine cetarese nel 1969, ed è oggi una realtà importante, leader del settore per  innovazione e assortimento,  che riesce a coniugare la maestria artigiana alla tecnologia moderna partendo da materia prima eccellente, per lo più locale o mediterranea. 
Nel riquadro in basso a sinistra del collage di foto: Lucia Di Mauro con la mamma, sembrano sorelle, vero? Il segreto sta nella colatura! (e anche nel pesce azzurro). Sono loro il miglior biglietto da visita dell’azienda!
Inutile dire che abbiamo assaggiato prelibatezze tutto il giorno come i crostini con il pesto cetarese da Delfino , fra le più significative e storiche aziende cetaresi,  che produce dal 1950 e  vanta un’ottima gamma di prodotti ittici conservati oltre alla colatura di alici.


Abbiamo visitato anche il caveau con i terzigni di Giulio Gennaro “Nettuno”,  noto personaggio carismatico e grande promotore della Colatura di Alici in collaborazione con il presidio Slow Food, che è riprodotto anche in una statuina del  presepe della chiesa di San Pietro! Qui un video in cui Giulio mostra come si produce la colatura.



E se vi foste chiesti come conservarla, ci ha tolto ogni dubbio: la colatura, un po’ come la bottarga, matura con il tempo, è già un prodotto conservato per via dell’alto contenuto di sale, quindi niente frigorifero ma adottate  il sistema all’antica che consiste nel tappare la bottiglia con un rametto di origano secco o uno spicchio d’aglio in camicia. 


Completiamo il tour con una sosta da Agrocetus, del ciarliero ed entusiasta Gennaro Pappalardo, un tempio per gli amanti di liquori di agrumi ed erbe, ottenuti dagli straordinari limoni Costa d’Amalfi Igp, mandarini ma anche mirto, finocchietto e altre erbe selvatiche così come agrumi canditi e ricoperti di cioccolato, marroni al cioccolato e pure un singolare liquore “limoncioccolat”. Gennaro ci mostra orgoglioso la lavorazione che è artigianale anche nel confezionamento ma non manca della tecnologia necessaria per il rispetto delle norme igienico sanitarie. 



La sera  abbiamo fatto onore all’ottima cucina dello chef Vincenzo Giorgio del ristorante La Cianciola, che ci ha conquistati  per intensità ed equilibrio gustativo.  Meravigliose le acciughe farcite con provola (mozzarella di bufala affumicata), panate e fritte, i crostini con scarola ripassata in padella con filetto di alice sott’olio, i leggendari spaghetti con la colatura (nella sua versione con aglio, pinoli e peperoncino), i ravioli ripieni di tonno, ricotta e rucola con una speciale salsa di noci e colatura e straordinaria per leggerezza la parmigiana di zucchine, alici e provola con una curiosa salsa di foglie d’olivo fresche e pomodoro di cui non siamo riusciti a carpire il segreto!!  Menu concluso in dolcezza con una delizia al limone memorabile accompagnata dall’immancabile limoncello!!



A Pastaiola la b&b che ci ha ospitate è condotta da Mena e Luigi di Crescenzo, una coppia adorabile, gentilissima e disponibile. Sono anche produttori di agrumi, purtroppo a causa del brutto tempo non abbiamo potuto visitare la limonaia ma abbiamo utilizzato i loro limoni per la gara del giorno successivo. Inoltre Mena è l’autrice delle belle ceramiche che abbiamo trovato al nostro risveglio a colazione, coccolate  con marmellate di agrumi di Agrocetus e squisiti dolci della pasticceria cetarese Chocolamì: sfogliatelle ricce, mostaccioli ripieni al fondente, cornetti con crema di limone, scorze di clementine candite, rococò napoletani,  crostatine alla crema di nocciola e anche se fuori il tempo era pessimo, purtroppo, si cominiciava bene la giornata! Mena inoltre ha decorato i simpatici piatti di ceramica souvenir della Festa per tutti i partecipanti al premio gastronomico!



Sabato abbiamo passato l’intera giornata all' Hotel Cetus, una grande struttura in splendida posizione, direttamente sulla scogliera, dalle cui immense vetrate si gode lo spettacolo del golfo di Salerno.  Tutti in cucina a preparare i nostri piatti a base di Colatura 2.0 per il concorso gastronomico premio Ezio Falcone, il grande studioso delle tradizioni gastronomiche della costa d’Amalfi, scomparso nel 2011.


10 i piatti in gara con partecipanti provenienti da ogni regione d’Italia, inclusi noi del Calendario; in giuria  gli chef Peppe Guida, Cristian Torsiello, Franco Tammaro e i giornalisti e food writers Barbara Guerra, Antonella Petitti e Albert Sapere.


Anna Laura  con le sue polpette di merluzzo e sedano rapa in panatura di nocciole, crema di ceci e colatura, olio al pezzemolo, aria di pomodoro e pelle croccante di merluzzo


  Pasquale con i suoi vermicelli alla colatura riccia (scarola riccia, crema di bufala e nocciole)


e la sottoscritta alle prese con la tartare di manzo, perle di colatura di alici, stracciatella, puntarelle, limone e polvere di foglie di limone. Ricetta qui


Nelle immense cucine del Cetus, eravamo veramente in tanti e  ci siamo molto divertiti; oltre ai concorrenti, si destreggiavano gli chef di vari ristoranti di Cetara che dovevano gestire anche il pranzo per 60 ospiti! E come se non bastasse ad un certo punto è arrivata anche la tv a riprenderci e ad intervistarci.  Non è semplice destreggiarsi soprattutto in un ambiente che non si conosce e con tutta quella gente. Avevo optato giustamente per un piatto freddo: tartare di manzo, perle di colatura di alici, stracciatella, puntarelle, limone e polvere di foglie di limone.  Dovevo solo assemblare, mi sembrava di essere stata furba ma mi sono incasinata lo stesso e alla fine ho commesso un paio di errori: le perle di colatura erano dure, forse perché le avevo conservate a temperatura troppo bassa e  sono stata troppo avara con la colatura che si sentiva poco (e secondo i commenti della giuria, è stato un errore comune come se avessimo tutti paura ad usarla). Non che volessi vincere ma almeno non fare una pessima figura con chef e giornalisti che conosco! Pazienza, facciamo tesoro dell’esperienza e l’importante è divertirsi.


Un ringraziamento particolare va a Salvatore Avallone chef del ristorante Cetaria di Baronissi, Salerno,  che ci ha coordinati con grande brio e pazienza in cucina e una menzione speciale va alla bravissima Ilaria Antelmo del ristorante La Torretta, che abbiamo ammirato  all'opera nella preparazione delle sue favolose zeppole!! 



È stato Emmanuele Ferroro di Salerno, nella foto con Barbara Guerra, con le "Linguine all'Amalfitana 2.0", ad aggiudicarsi il primo posto. Premio alla creatività a Mario Argentino  con Sua Maestà la sfogliatella (farcita di scarola, olive pinoli e colatura). Le nostre Sabrina e Cinzia (foto sotto) si sono aggiudicate il premio speciale della giuria per l’aderenza al tema , con il loro piatto elaborato in coppia: Let it snow, ovvero ravioli bianchi e neri, ripieni di patate, provolone, limone e colatura conditi con olio, colatura e pepe lungo. Siamo tutti molto contenti per il loro risultato che tiene alto il nome del Calendario di cui abbiamo potuto parlare ampiamente nella presentazione della gara e nell'intervista tv di cui aspettiamo di poter vedere il video.


E’ stata una bellissima kermesse, sotto l’egida dell’assessore Angela Speranza e presentata dalla bella e brava Francesca Faratro, con molti ospiti  in sala, fra imprenditori, giornalisti, pescatori ed armatori di Cetara, esperti e cultori della gastronomia locale incluso il sindaco di Cetara  Fortunato della Monica che, oltre ad assistere alla gara,  hanno gustato l’ incredibile pranzo di 10 portate curato a più mani dagli chef dei ristoranti cetaresi  Al Convento, La Cianciola, San Pietro, Alici come prima, La torretta, Pan e Coccos e Cetaria di Baronissi, con la partecipazione straordinaria anche di Peppe Guida e Cristian Torsiello (foto sotto) che hanno abbandonato per un poco la giuria per andare nelle cucine a spadellare per la gioia dei nostri occhi che abbiamo potuto vedere tutti questi chef in azione (e assaggiare anche i loro piatti)!! Ricette e photogallery sul sito di Cetara Turistica



A fine serata, platea gremita di cittadini, pescatori, produttori, ristoratori e albergatori nella sala M. Benincasa del Municipio di Cetara per assistere all’ importante convegno per  coordinare le strategie per proseguire il cammino verso la dop


Fra i relatori, oltre all' assessore alla cultura Angela Speranza e  il sindaco Fortunato della Monaca, Lucia di Mauro di Iasa Srl e Secondo Squizzato rispettivamente  presidente e direttore del comitato scientifico dell’Associazione per la valorizzazione della Colatura Dop, il cavalier Antonio de Santis della Pro Loco,  Filippo Diasco, direttore generale del Settore Agricoltura e pesca della Regione Campania, Secondo Squizzato oltre ad altri personaggi di spicco della cultura locale e non ultimo la giornalista Rai Laura Piacenti, autrice della puntata di linea Blu con la costa salernitana  e  Cetara fra i protagonisti,  trasmessa in contemporanea con la festa . Video qui 

Il momento clou del convegno è stata la cerimonia della spillatura di una colatura del 2014 ad opera di Giulio Gennaro “Nettuno” che ha praticato il foro sotto al terzigno con il caratteristico "virale" , una sorta di cavatappi,  e ha fatto colare goccia a goccia il prezioso liquido fra gli applausi del pubblico e per la gioia di tutti i fotografi. 
A seguire si è tenuta una degustazione di saporitissime preparazioni  a base di alici e colatura di alici realizzate da alcuni ristoranti locali: Al Convento, Alici come Prima, San Pietro, Pan e Coccos  con crostini d’acciughe salate e marinate, panzanella e sbriciolata di pane, alici, capperi e olive,  alici imbottite e fritte, mini gattò e barchette con spuma di ricotta, alici e polvere di peperoni cruschi.



Concludiamo il nostro tour la domenica mattina con una bella passeggiata lungo la spettacolare strada panoramica che costeggia il borgo e ci offre spunti fotografici imperdibili, approfittando di  in un breve momento di tregua dal meteo inclemente che ha purtroppo rovinato un po’ la  festa che prevedeva artisti di strada,  attività ludico didattiche coi bambini e il gran finale coi  fuochi d’artificio, tutto annullato per la pioggia!!



La ciliegina sulla torta, proprio prima di partire è stata la visita alla Torre di Cetara con il suo interessante museo contenente dipinti e ceramiche tutte ispirate al mare, alla pesca e in particolare alle alici. Il nostro competente e garbato cicerone, Francesco Pappalardo, dell’associazione Alici delle Alici, ci ha affascinati  ed  eruditi sulle origini della Torre trecentesca e il suo recupero e trasformazione in museo,  sulla storia del borgo, dei suoi pescatori, sulla cultura della colatura e il desiderio di diffonderne la conoscenza, raccontandoci anche simpatici aneddoti sul loro “sangue saraceno” visto con diffidenza in passato dagli altri paesi costieri, sui pescatori cetaresi emigrati in Grecia, Albania, Algeria e a Sète, nel sud della Francia.
E a malincuore, salutando, abbracciando e ringraziando tutti coloro che ci hanno accolto con calore, generosità e simpatia, in primis la bravissima Angela Speranza e con lei il Comune di Cetara,  per la meravigliosa esperienza offertaci, ci accomiatiamo dal bel borgo saraceno con la promessa di  rivederci il prossimo anno, magari per festeggiare insieme l’ottenimento della Dop per la straordinaria e unica Colatura di Cetara!  

Sul sito del Calendario del Cibo Italiano (link alla pagina) si può trovare  l'articolo riassuntivo della nostra spedizione e la raccolta di tutti gli articoli dei colleghi! Buona lettura e buona colatura a tutti! 


sabato 9 dicembre 2017

CHI HA PAURA DELLA COLATURA?


Lo scorso fine settimana si è svolta a Cetara la Festa della Colatura di Alici e con un gruppo di food blogger del Calendario del Cibo Italiano, invitati dall'organizzazione, ho visitato con grande piacere i luoghi di produzione di cui vi parlerò dettagliatamente nel mio post di domani quando tutti pubblicheremo i nostri resoconti del bellissimo blog tour e della gara gastronomica premio Ezio Falcone a cui abbiamo partecipato presentando le nostre preparazioni a base di colatura di alici. 
Il Calendario aveva dedicato una giornata alla Colatura di Alici di Cetara il 7 novembre  con approfondimenti storico culturali e tecnici ed un'intervista allo chef stellato Peppe Guida dell'Antica Osteria Nonna Rosa di Vico Equense, grande estimatore del prezioso liquido ambrato, che ci ha fornito alcuni consigli sul suo uso in cucina. 

Conosco la colatura e la uso da anni e su Poverimabelliebuoni ci sono molti esempi come condimento per la pasta, a rafforzare le acciughe fresche, le verdure, ad insaporire un crumble o una panatura ma anche nelle marinate agrodolci per il pesce e pure in versione perlage. E proprio le perle di colatura sono state lo spunto per elaborare il piatto che avrei portato a Cetara. Le avevo già usate in abbinamento ad un crudo di sugarello che farciva il  mezzo pacchero all'acqua pazza con mozzarella quasi in carrozza, che era arrivato in finale alla mia prima sfida con Le Strade della Mozzarella e il Pastificio dei Campi di Gragnano. 

Mi piaceva l'idea di rendere visibile la colatura che di solito non si vede ma si sente, e perle sarebbero state! Un amico mi suggerisce di provarle su una tartare di manzo anziché sul pesce. L'idea mi stuzzica e mi avrebbe facilitato  la vita nella gestione della materia prima per la gara di cui devo preoccuparmi, soprattutto il crudo di pesce. Opto per il tutto crudo così non ho l'ansia da padella, le perle posso prepararle a casa (l'organizzazione suggeriva di anticiparsi con le preparazioni per non congestionare la cucina) faccio la prova, mi rendo conto che le perle da sole non ce la fanno a reggere la carne, la condisco con qualche goccia di colatura e il gioco funziona! 
Colatura quindi a condire la carne cruda all'uso piemontese che prevede una salsa a base di acciughe salate, colatura per le puntarelle, puntarelle e acciughe, binomio romano assodato, stracciatella che pure con le acciughe va a nozze così come mozzarella e burrata e scendiamo al sud, scorza di limone grattugiata che non può mancare e polvere di foglie di limone che anche se non c'è non si accorge nessuno ma fa molto 2.0 per il tema della gara..

Purtroppo però non riesco a replicare il piatto al momento della gara, ero stanca, distratta o forse troppo sicura che non mi sono impegnata abbastanza.  Nel mio piatto la colatura non si sentiva a sufficienza. Eravamo stati tutti un po' parchi, forse impauriti dai consigli ricevuti di fare attenzione a dosarla con parsimonia perché se si esagera si rovina il piatto che alla fine ne abbiamo messa troppo poca come ci ha bonariamente redarguito la competentissima giuria. Ma non ho scuse, ho fatto altri errori, banali, da principiante, come sbagliare un calcio di rigore ma mi consolo perché può succedere di sbagliare un calcio di rigore, vero?   Avevo ben in mente cosa dovevo fare eppure non l'ho fatto o ho sottovalutato quei piccoli particolari che fanno la differenza: le perle si sono indurite nelle celle frigorifero del ristorante, forse le ho tolte troppo tardi, non ho scolato a sufficienza le puntarelle, le ho condite troppo, si sono ammosciate. Infine avevo emulsionato l'olio con la colatura per condire la carne, all'assaggio mi sembrava corretto  ma avendolo preparato con un certo anticipo, prima di usarlo non gli ho dato l'ultima rimescolata (avevo dimenticato il bibéron che è l'ideale per questo), la colatura è rimasta sul fondo, ho condito la carne solo con l'olio praticamente. 
Peccato perché a casa era venuto molto bene e alla gara ho fatto una pessima figura con chef e giornalisti in giuria che conoscevo come Peppe Guida, Barbara Guerra e Albert Sapere ma quanto ci siamo divertiti....

TARTARE DI MANZO, PERLE DI COLATURA, STRACCIATELLA E PUNTARELLE


Ingredienti per 6 persone: 

450 g di carne di manzo (scamone o filetto)
300 g di stracciatella di fior di latte
200 g di puntarelle al netto delle foglie

Per le perle :
Una tazza di olio di semi
40 ml di colatura di alici di Cetara
80 ml d’acqua
la punta di un cucchiaino di agar agar in polvere

1 limone d’Amalfi non trattato
10 foglie di limone non trattate
Olio extravergine d’oliva fruttato, poco amaro + colatura di alici qb (rapporto olio/colatura 3:1 perchè ci sono anche le perle, altrimenti 2:1)
Ghiaccio qb

Procedimento 
Pulire le puntarelle, ricavare delle striscioline con l’apposito attrezzo taglia puntarelle o tagliarle a julienne sottilissime e farle arricciare in acqua e ghiaccio per un paio d'ore. Infine, scolare bene.
Essiccare le foglie di limone nell’essiccatore o in forno a 50° C per 1 h ca e infine ridurre in polvere in un mixer.
Per le perle di colatura, mettere la tazza di olio di semi in freezer per almeno un’ora.  Sciogliere l’agar agar con l’acqua e la colatura, portare a bollore.  Aspirare il liquido ancora caldo con una piccola siringa, privata dell’ago e lasciar colare delle gocce nell’olio ghiacciato. Infine raccogliere le perle di gelatina formatesi, trasferirle in un colino e sciacquare bene per rimuovere l’olio, sotto acqua corrente.  Conservare in frigorifero. Togliere un'ora prima di utilizzarle.
Tagliare  la carne per la tartare in punta di coltello e formare delle piccole quenelles (22-25 g a quenelles, 3 a porzione)
Emulsionare 4-5 cucchiai di olio extravergine con 2 cucchiai  di colatura di alici, mettere in un bibéron da cucina. 
Disporre a piacere nel piatto alcuni mucchietti di stracciatella intervallati alle quenelle di carne. Agitare bene il bibéron prima dell'uso, irrorare la carne con l' emulsione d’olio e colatura e cospargere  carne e stracciatella con le perle di colatura di alici. Guarnire infine  con dei riccioli di puntarelle condite al momento con l'emulsione,  cospargere con un pizzico di scorza di limone grattugiata e un poco di polvere di foglie di limone. 



A domani con tutto il resto.......


martedì 28 novembre 2017

IL MERLO AL LIDO



Il mare d'inverno ha un fascino particolare, anche in quelle giornate bigie dall'aria greve  che preannunciano "buriana" di scirocco.
Il litorale è semi deserto, negli stabilimenti balneari tutto è chiuso e impacchettato,  spuntano qua e là  scheletri di gazebo, rimanenze di sedie e sdraio.


Una rete di protezione  dal vento vela la vista del mare ma se ne avverte il gorgoglio sulla battigia.
Il suono giunge ovattato e infonde profonda quiete.
Dove d'estate è frastuono, colore  e caos, ora regnano i colori soffusi e  la pace come la tregua dopo la battaglia.

Il riposo del guerriero

Ed è stato proprio in un momento simile di tregua invernale che siamo andati, mio marito ed io, a trovare una vecchia conoscenza, lo chef Angelo Torcigliani,  nella  nuova sede del suo ristorante Il Merlo, a  Lido di Camaiore, all'interno di uno dei grandi stabilimenti storici della Versilia, l'Ariston Mare.

Estimatori del Merlo già da alcuni anni, non ci eravamo persi l'inaugurazione l'8 marzo, in una serata colpita da un vero diluvio che però  non aveva impedito un'incredibile affluenza di centinaia e centinaia  di persone, tutte ansiose di vedere il "nuovo" Merlo.
In seguito siamo tornati una sera a cena a fine settembre e ci siamo gustati la confortevole e solida cucina di Angelo, superbamente declinata tra terra e mare, perfettamente a suo agio nella sua nuova dimora.
Il contesto è molto curato, la sala è splendida  e piano piano si dissolve l'istantaneo sentimento di nostalgia che si prova  per il vecchio Merlo.  Il precedente ristorante enoteca di Camaiore dall'atmosfera intima e speciale, di cui avevo già scritto in un mio precedente articolo, attiguo alla rinomata gastronomia di famiglia,  che prende il nome dal padre, Claudio, si era sviluppato  a piccoli passi, prima per pochi coperti, nel locale dove si tenevano i vini in esposizione e poi in una seconda sala, ricavata da un vecchio magazzino, aggiunta per far fronte alle numerose  richieste fino all'apertura del cortile per le sere estive.
Ma il livello della cucina di Angelo e del servizio curato da  Marco Lemmetti, l'impeccabile maître di sala e sommelier, continuava a salire e a far parlare del Merlo al punto che la sede di Camaiore incominciava a diventare stretta ma soprattutto Angelo e sua moglie Annalisa che lo aiuta in cucina, desideravano mettersi alla prova e tentare un ulteriore salto di qualità.

Annalisa e Angelo

Il salto è avvenuto con l'acquisizione del ristorante inserito nell'immenso ed elegante stabilimento balneare versiliese Ariston.
Frutto di una sapiente ristrutturazione ad opera di Limusé di Gianni Francesconi, amico della coppia che già aveva firmato il precedente locale camaiorese, Il Merlo si presenta oggi con un ingresso importante, fornito di comodi salotti esterni ed interni, contornati da siepi curate e  aree verdi con palme e alberi di limoni, una spaziosa anticamera per gli ospiti con il bel bancone bar e un'ampia,  luminosa ed elegante  sala, dove le pareti sono costituite, per tre quarti da vetrate che offrono una bella vista sulla spiaggia e sul mare, arredata con grande gusto e personalità come quella che contraddistingue la cucina di Angelo e che riflette la sua evoluzione.


Il Merlo zampettando e saltellando è dunque arrivato fino al mare ma non pensiate di scorgere le piccole impronte delle sue esili zampette sulla spiaggia, piuttosto è la zampata di Angelo che si impone decisa e solida e si conferma con piatti eleganti ma di sostanza e di appagante  piacevolezza.
Scorgendo il variegato e ben congegnato menu con proposte che spaziano a 360° tra pesci, crostacei, molluschi, carni e cacciagione, verdure di stagione e prelibati annessi e connessi come funghi e tartufi, si evidenzia lo stile del "cuciniere", che non smentisce le sue radici emiliane quando si esprime in eccellenti e imperdibili paste fresche soprattutto ripiene, anche di pesce,  o si affida alla grande tradizione toscana di terra e di mare, interpretando il pescato con rispetto e maestria o  facendo capolavori con cinte senesi e pennuti nobili ma strizza  l'occhio anche alla blasonata cultura gastronomica d'oltralpe e  piemontese di cui è grande cultore, inclusi i vini che compongono la  sua leggendaria enoteca.


Si parte sgranocchiando dei lunghi grissini friabilissimi e croccanti, una bruschetta irrorata con un intenso e fragrante olio novo lucchese, cultivar Leccio del Corno, una focaccia appena sfornata e squisite olive condite con olio, erbe aromatiche e scorze d'arancia e scatta il primo brindisi con  una bollicina toscana di tutto rispetto: Montellori Pas Dosé, che avrebbe poi accompagnato l'intero pasto


Per la goduria del consorte arrivano degli invitanti  scampi avvolti in pasta brick e fritti, leggeri come nuvole, accompagnati da una crema di carciofi e carciofi croccanti, perché  non è un fan del crudo, ma poi non resiste e  ruba qualche scampo, gambero rosa e cicala dallo stupendo piatto di crudité di mare che include anche mazzancolle, ombrina, gallinella, triglia e seppie, con lattuga di mare fritta, un tocco di salsa di soia e ottimo extravergine e con  l'elegante acidità e vivace colore dei lamponi  è un piacere per gli occhi oltre che per il palato e si aggiunge alla mia sontuosa e gustosa tartare di ricciola con insalata di finocchi e julienne di seppie appena scottate!




A seguire, Angelo ci propone un piatto davvero divertente e indovinato: il calamaro alla carbonara. Calamaro di Capraia cotto alla perfezione e dal gusto intenso, accompagnato da una cremosa salsa alla carbonara, una sorta di zabaione salato e briciole di guanciale croccante dove la dolcezza e la sapidità sia suina  che salmastra si intrecciano e danzano in perfetto equilibrio con le note dolci di calamaro e salsa e la freschezza delle erbe aromatiche abbinate. Da Ola e  da bis!!

Sedendo ad  un tavolo accanto alle vetrate, mi sono divertita a scattare un po' in controluce e l'effetto non mi dispiace affatto, con le sue ombre naturali..


Un suo cavallo di battaglia, già apprezzato in altre occasioni e che riassaggiamo volentieri, per non dire divoriamo che non sta bene,  è l'uovo fritto al parmigiano con insalatina e tartufo bianco. Un'irrinunciabile ghiottoneria dalla tecnica impeccabile.

E finalmente arrivano i raviolini all'astice con la sua bisque che ero riuscita ad immortalare mentre Angelo li stava chiudendo quando,  con un tempismo perfetto, appena arrivata al ristorante, mi ero fiondata subito in cucina perché mi avevano detto che stava facendo i ravioli. Non potevo assolutamente perdermeli!

Una sfoglia che  è meglio non chiedere quanti tuorli ci sono dentro ma il colore giallo intenso ne fa presumere tanti. La generosità emiliana... ne so qualcosa, ho il parmigiano nel mio dna per parte di mamma!

Definirli intensi è riduttivo. Spettacolare anche la presentazione con questa grande ciotola scura che fa risaltare l'arancione dei raviolini. A parte sfoglia e ripieni perfetti, che non sono così scontati ma Angelo gioca in casa, immagino che li vedesse fare dalla mamma ancora in fasce e li potrebbe fare ad occhi chiusi, la bisque è il capolavoro assoluto, concentratissima e con un gusto raffinato esaltato da note fresche e aromatiche che ricordano l'anice (che va a nozze coi crostacei). "E' sfumata con il pastis",   mi rivela il cuciniere con gli occhi che brillano di soddisfazione per  l'apprezzamento. Et rien ne va plus..Amen!

Meravigliosi anche gli spaghetti "il meglio del Tirreno" con una generosa mantecatura in un ricco ragù in bianco di frutti di mare e una cottura al dente precisa, che confermano a pieno titolo la definizione riportata in carta. Non c'è altro da aggiungere se non: chapeau!


A questo punto Angelo ci avrebbe voluto far assaggiare un secondo piatto ma noi, scusandoci,  diamo forfait e lui ride perché "non mangiamo nulla"!! Questo è il bello della cucina di Angelo, che riflette il suo gusto godereccio e le porzioni le fa a sua misura, quindi sono generose seppur ben calibrate.
Ci ripromettiamo di tornare e di dedicarci ai suoi grandi piatti di carne e selvaggina!

Non rinunciamo però al dessert. E anche qui si nota l'impronta personale. Un ghiotto fa dolci ghiotti, non si scappa. La sua carta dei dolci è veramente invitante e varia, dai dolci più complessi e ricchi come lo stupendo millefoglie con crema alla vaniglia e salsa al caffè, provato la volta scorsa  e quelli che abbiamo preso  in questa occasione, ovvero  la sua leggendaria cubana e il mont blanc,  ai più freschi e sobri come  la composizione di frutti rossi, meringhe, gelatina al moscato e yoghurt greco o il simpatico "corbello" di frutta fresca e contempla anche gelati e sorbetti di sua produzione naturalmente. Non ultimo, come dice il proverbio "la bocca l'è no stracca se non la sa de vacca",  si può chiudere con una selezione di formaggi italiani. Per accompagnare i dessert non mancano proposte interessanti di  vini dolci al bicchiere.

La cubana: un semifreddo super cremoso con mousse di cioccolato e crème brûlée al rum, accompagnata da un sorbetto al lampone. Mi viene ancora  l'acquolina in bocca mentre scrivo..


Elegante, delicato e originale nella presentazione  il mont blanc di "spaghetti" di marroni  in equilibrio su una base di meringa e panna montata con bocconcini di marroni, guarnito con violette candite, che non sono la mia passione ma qui ci stanno proprio bene e donano un tocco di grande classe.

E con un buon caffè si conclude il nostro pranzo, si fanno ancora un po' di foto al locale, mettendo in posa anche l'inossidabile maître Marco Lemmetti ed Elisa la ragazza di sala;  si saluta l'ultimo tavolo rimasto, due irriducibili che danno soddisfazione al cuciniere e  fanno il bis di millefoglie dopo essersi scolati una bottiglia a testa che noi a confronto, sembriamo malati!!


Infine si saluta anche Angelo e si chiacchiera ancora un po' con lui mentre ci fa fare il tour dello stabilimento balneare che è immenso, con un'enorme piscina che d'estate viene riempita con l'acqua di mare. Le eleganti cabine in muratura sono chiuse da grandi tapparelle protettive e sono inserite in una cornice  verde molto curata e coreografica.


Nel  piccolo spazio esterno del ristorante, scorgiamo il pentolone che Angelo  usa per le esibizioni o per gli eventi dove spadella chili di pasta davanti ai commensali e rammentiamo gli eventi a cui abbiamo assistito anche noi, come quello dello scorso anno nella jam session culinaria al Minerva Beach.


Tra un amarcord e una promessa di rivederci, ci congediamo che sono quasi le quattro pomeridiane, ringraziamo ancora Angelo per la gradevolissima esperienza,  salutiamo anche il simpatico soldatino di piombo all'ingresso, preludio delle decorazioni natalizie interne e andiamo a farci una passeggiata digestiva per le vie di Forte dei Marmi progettando già di tornare al più presto al Merlo e di godere ancora della sua confortevole, appagante cucina e atmosfera.

LUNGA VITA AL MERLO!!




HANNO ABBOCCATO ALL'AMO