lunedì 30 settembre 2013

INSALATA DI ARINGHE AFFUMICATE, FICHI E CIPOLLE

 
 
Questa veloce, fresca e colorata insalata (notare il canovaccio en pendant, ho fatto acquisti ultimamente :-) è stata realizzata una decina di giorni fa con gli ultimi fichi trovati al mercato dal solito Occhi Belli, il mio verduraio preferito, non tanto per gli occhi azzurri magnetici, solo quello, tutto il resto lasciamo stare, ma perché ha sempre frutta e verdura più che fresca, locale, veramente a km 0, coltivata secondo i dettami della lotta integrata, quindi, non biologica ma il più naturale possibile!

In queste prime giornate uggiose mi rallegro pubblicandola e rammentandone mentalmente il gusto.
Gusto modificato secondo il mio giudizio critico dopo averne assaggiata, in un ristorante conosciuto, una versione un po’ deludente, che già si annunciava in carta discutibile ma che ho voluto provare comunque, cioè aringhe affumicate, fichi, cipolle, pomodorini datterini e bottarga di tonno.

Nessun dubbio su aringhe e fichi, gli affumicati con la frutta sono un connubio consolidato e che amo particolarmente ma perché anche la bottarga di tonno? Che bisogno c’era? Già le aringhe da sole sono sufficientemente forti e protagoniste assolute.   Opinabili  i pomodorini, soprattutto come unica verdura,  io ho pensato  invece all’insalata verde ma il colmo è stato nelle proporzioni, una montagna di aringhe e 3 spicchi di fico, 3 di numero,  cioè neanche 1 fico intero ma 3/4. Inconcepibile.  Non ho commentato né ho reclamato, conosco il ristoratore di fama, non personalmente anche se sono stata più volte nel suo ristorante, l’ho visto molto trafelato, il locale era pieno, ho preferito lasciar stare, non era poi così importante anche se il  piatto non era proprio a buon mercato.
 
Avevo appena letto degli articoli entusiasti su di lui e sul suo rinnovato locale, un curriculum di tutto rispetto, garbo e gentilezza i suoi fiori all'occhiello e glieli ho sempre riconosciuti ma tornandoci dopo mesi, con più aspettative e non trovando riscontri, ci si sente un po' traditi, presi in giro. Il sorriso pre-stampato, la gentilezza un po' forzata che è sempre meglio, per carità, di certi atteggiamenti altezzosi di chi, raggiunto il successo, si è montato la testa. Forse sono troppo pignola io, forse erano solo provati da una stagione estiva stressante?  Il piatto comunque era squilibrato. punto.

Ma non mi piace infierire dopo come quei pirati della tastiera, come dice una mia amica chef, infastidita da maleducati commentatori anonimi che si scatenano  con messaggi  arrabbiati e sgarbati su Trip Advisor e compagnia bella  (vedi anche i commenti anonimi sui blog) ma che non hanno il coraggio di dirle in faccia le cose nè tanto meno di mettere il proprio nome per iscritto.
Personalmente se devo dire qualcosa la dico subito altrimenti me ne sto zitta. Spesso ho replicato, correggendoli a modo mio, piatti che non mi avevano soddisfatto in un ristorante ma di cui riconoscevo lo spunto interessante.  Si legge fra le righe e neanche tanto fra le righe, quando e quanto mi sono entusiasmata e quando no ma mi astengo da polemiche inutili, fuori tempo e luogo. E non aggiungo altro, solo ribadisco STOP AL TERRORISMO GASTRONOMICO, alla PIRATERIA DA TASTIERA!!!




 
Passiamo alla non-ricetta, è solo una lista di ingredienti in quantità variabile + la preparazione della riduzione al balsamico.
 
Riduzione al balsamico
100 ml di aceto balsamico di Modena (non necessariamente quello Tradizionale)
1 cucchiaio di zucchero  bianco
Bollire l'aceto con lo zucchero fino a che addensa senza farlo caramellare  o farlo restringere troppo, deve rimanere un po' fluido perché una volta freddo, addenserà ulteriormente.
 
Per l'insalata:
insalata a piacere (gentilina rossa, lattuga romana, scarola)
+ eventuali erbe aromatiche come menta o aneto
aringhe affumicate dolci
fichi
cipolle di Tropea
rapanelli
aceto di mele
olio extra vergine d'oliva
 
Pulire e lavare le insalate e le erbe, scolarle, tagliarle e porle in una ciotola.
Mettere a bagno le cipolle affettate finemente con dell'aceto di mele  per un'ora in modo da fargli perdere un po' di aggressività
Lavare bene i rapanelli, affettarli a rondelle
Tagliare le aringhe a tocchetti.
Comporre l'insalata mescolando insieme tutti gli ingredienti e condire con olio evo e la riduzione al balsamico.
 
NB: Se volete provare a metterci anche la bottarga, sono sicura che mi darete ragione!!!
 
 
 
 
 
 
 


venerdì 27 settembre 2013

YO YO DI SCIABOLA


IL MIO  ROCHER DI PALAMITA AI 7 LUCANI è fra i 12 finalisti per il concorso IO CHEF!!
 
 
 
Il vincitore sarà annunciato la sera dell'8 ottobre e il suo piatto servito a ben 600 commensali!! I finalisti sono invitati e saranno ospitati al Congresso Nazionale Federazione Italiana Cuochi, che si svolgerà a Metaponto (Mt) dal 7 al 10 ottobre e in seguito parteciperanno ad un tour post congresso ! Peccato soltanto che io non ci possa andare! 
 
Pazienza, intanto festeggio così:  tiro fuori la seconda opzione che avevo creato per il suddetto concorso.
E' una rielaborazione dei miei TREMEZZINI DI SCIABOLA. Non volendo riproporli  tel-quel nella forma triangolare, ho optato per una forma tonda, un po' piccola perché, gioco-forza, l'unico coppapasta adatto alle dimensioni dei filetti a disposizione era molto piccolo, perfetto però per un singolo boccone.
Ed ecco che si accende la lampadina, mi vedo i due dischi di sciabola accoppiati con la crema di melanzane nel mezzo  e penso a quei biscotti o pasticcini con i due dischi di frolla e creme varie come farcitura ma non trovo un nome adatto, RINGO non mi piaceva, vada per YO YO! 
Per la farcia ho utilizzato le ultime melanzane rosse di Rotonda Dop, per guarnire ho usato gli stessi prodotti a completamento del rocher:  ficotto di Pisticci, cacio ricotta lucano e peperoni di Senise. 

Belli (me lo dico da sola) buoni e divertenti! No?




Ingredienti per 4 persone = 8 yo yo

350-400 g ca di filetti di pesce sciabola
70 g di melanzane rosse di Rotonda DOP
10 g di scalogno
1 rametto di origano fresco
olio extravergine d'oliva di Matera
peperoni secchi di Senise macinati
gocce di ficotto di Pisticci
1 fetta di pane di Matera
30 g di cacio ricotta lucano media stagionatura
30 ml di panna fresca
sale


Per questi yo yo sarebbe bene utilizzare la parte finale dello sciabola, verso la coda, dove lo strato del filetto ottenuto è più sottile, quindi consiglierei di acquistare un bel pesciolone (anche di 1,2 - 1,5 kg), sfilettarlo, utilizzare le parti più spesse per un altra preparazione e quelle più sottili per gli yo yo.
Quindi, individuata la zona di filetto adatta, ritagliare dei dischetti di 4 cm di diametro con un coppapasta. Per ottenere dei dischi ci sarà molto scarto ma non si butta via niente naturalmente,  con i ritagli si può fare un veloce sughetto per una pasta a piacere (es: veloce e banale, aglio, pomodorini, capperi, olive taggiasche, maggiorana).

Far tostare in forno a 180° per 7-8 min una fetta di pane di Matera spezzettata. Poi passarla nel mixer.

Prepariamo la farcia: dopo aver lasciato riposare le melanzane tagliate a fette e cosparse di sale grosso per ca un'ora in modo che perdano un po' l'amaro, le sciacquiamo e le scrolliamo bene per eliminare il più possibile i semini. Le rosoliamo  in padella con un po' d'olio e lo scalogno tritato finchè ammorbidiscono. Saliamo, uniamo  le foglioline di origano, tritiamo  il tutto  al coltello e teniamo  in caldo.

Sciogliamo il cacio ricotta grattugiato con la panna fino ad ottenere una crema e teniamo in caldo.

Spadelliamo per un minuto circa le rondelle di sciabola dalla parte della polpa, in una padella antiaderente a fuoco medio. Togliamole  e mettiamole su un piatto con la pelle rivolta in alto. La pelle dello sciabola è sottilissima e una volta gratinata si può mangiare senza problemi, se a qualcuno disturba, niente vieta di eliminarla. Spennelliamo la parte della pelle con olio evo di Matera, poi passiamole nel pane di Matera grattato. Farciamo gli yo yo con il composto  di melanzane, chiudiamoli e ripassiamoli in padella velocemente, 30 sec da ogni lato.

Impiattiamo posizionando 2 yo yo per ogni piatto, uno in posizione verticale e uno in orizzontale, stendiamo una cucchiaiata di crema di cacio ricotta (calda), guarniamo con briciole di peperoni secchi di Senise e gocce di Ficotto di Pisticci.





martedì 24 settembre 2013

LE CEE DEI POVERI


Dal CODICE DELLA CUCINA LIVORNESE, L.Bezzini, U. Creatini, A. Santini e C. ed E. Guagnini:

Una delle poche cose che accomunano i livornesi ai pisani è la pronuncia di questo vocabolo misterioso "cèe" (con la è aperta mi raccomando!). Non "cèche" perchè altrimenti non sarebbero avannotti di pesce, e neppure "cieche" perchè ci vedono benissimo, anche al buio e nel fango più spesso. Paradossalmente, la cosa più visibile delle cèe sono proprio gli occhietti neri che spiccano in un corpicino trasparente, simile ad uno stecchino da denti di vetro.

Oggi, le cèe, ovvero gli avannotti delle anguille, sono proibitissime in quanto specie protetta. Fino a poco tempo fa, ricordo infatti di averle mangiate spesso negli anni '80, le cèe rappresentavano un vero e proprio culto gourmet, al pari di tartufi e porcini. 
Ma anche in passato rappresentavano una rara e costosa prelibatezza al punto tale che la saggia e scaltra massaia in mancanza delle vere cèe, imbrogliava i commensali escogitando un piatto geniale: le cèe dei poveri o finte cèe, utilizzando la razza che, grazie alla sua composizione filamentosa, opportunamente preparata e cucinata, poteva imitare le mitiche baby anguille. 

Degni e veri surrogati delle cèe sono i  BIANCHETTI o GIANCHETTI, novellame di pesce azzurro, in particolare sardine e acciughe, dalla pesca stagionale e contingentata e  che in  Sicilia prende il nome di  NEONATA. 
Altri sostituti delle compiante cèe sono i ROSSETTI, ovvero adulti di Alphia Minuta.

Ho assaggiato recentemente questo piatto con la razza a mò di cèe, che conoscevo ma avevo messo nel dimenticatoio, ahi lo ammetto, all'Osteria Il Bacco e la volpe di Silvia Volpe, a Castelnuovo Misericordia, sulle colline livornesi. 
Silvia è una giovane chef che cucina e promuove i prodotti del territorio e i presidi slow food come la palamita dell'arcipelago toscano, con un occhio sempre rivolto alla tradizione culinaria della propria regione, soprattutto legata al pesce azzurro e/o povero o dimenticato che dir si voglia. 

Da parte mia, cucino  spesso in stagione, cioè quella invernale, i bianchetti o rossetti proprio come le vecchie cèe: cioè rosolate velocemente in padella con aglio, salvia, burro o olio. Ho chiesto conferma e consiglio a Silvia per l'utilizzo della razza e ho voluto riprodurre la sua versione che prevede anche la grattugiata di parmigiano alla fine, che molti non disdegnano, come nella migliore tradizione pisano-livornese.



La ricetta quindi è semplicissima, io l'ho realizzata con gli avanzi della razza utilizzata per la catalana del precedente post. Basta rosolare uno o più spicchi d'aglio a seconda delle quantità (80-100 gr a testa per un antipasto basteranno), in una generosa noce di burro di buona qualità con qualche foglia di salvia, aggiungere i filetti ricavati dalla razza cotta al vapore, mentre rosolano aiutarsi con una forchetta e cercare di separare il più possibile i filamenti che andranno a creare le finte cèe. La cottura è velocissima, devono giusto insaporirsi. Alla fine, salare, cospargere con del pepe nero tritato grossolanamente ad imitare gli occhietti dei micro-pesci (suggerimento dell'amica giornalista enogastronoma Irene Arquint) e una bella grattugiata di parmigiano reggiano.
Inutile dire che ci si può condire anche una pasta, penne e bavette sono le mie preferite!



mercoledì 18 settembre 2013

LA CATALANA DI RAZZA


Questa catalana di razza è la riproduzione di un piatto molto simile (cambia solo la frutta) che mi ha divertito molto, assaggiato a fine luglio al ristorante castiglioncellese, sotto casa dunque, Il Cardellino, un bel locale dal design contemporaneo e dalla posizione strepitosa, a picco sul mare dall'alto della scogliera ai margini della pineta Marradi.
 
Memorizzai immediatamente il piatto, semplice ma originale e in linea con Poverimabelliebuoni per l'uso della razza che è un pesce poco conosciuto e solitamente poco presente nei menu dei ristoranti. Mi ripromisi di farlo al più presto, poi ci sono state le vacanze d'agosto di mezzo, al rientro non ci pensavo più!
Ieri mattina  però quando ho visto sul banco dei pesci le ali di razza, mi è tornato subito alla mente e, detto fatto, prima che l'estate finisca, voilà una catalana povera ma bella e buona!

 
Ingredienti per 4 persone (come antipasto)
 
g 500 ali di razza
1 carota media
1 zucchina media
1 falda di peperone giallo + 1 di peperone rosso
1-2 gambi di sedano bianco, dal cuore
1 piccolo finocchio
g 60 lamponi (nr 20 ca)
1 pesca nettarina gialla
olio extra vergine d'oliva, sale
aceto balsamico
 
 
Tagliare tutte le verdure a julienne, passarle in acqua e ghiaccio, scolarle, asciugarle e  posizionarle su un piatto da portata. Cuocere la razza al vapore 7-8 min se di spessore alto, se fine, regolarsi di conseguenza, potrebbero bastare anche soli 5-6 min.
Prelevare la polpa, scartando le cartilagini e la pellicina superficiale,  adagiarla ancora calda sulle verdure, guarnire con fettine di pesca e con i lamponi. Salare e condire con olio extra vergine d'oliva e qualche goccia di aceto balsamico.
 
 

 
 






 

giovedì 12 settembre 2013

ROCHER DI PALAMITA AI 7 LUCANI


 
 
ROCHER DI PALAMITA AI 7 LUCANI
 
Rocher di palamita dal cuore morbido ai pomodori ciettàicale di Tolve, panato con granella di pane di Matera e ceci neri di Pomarico - caviale di melanzane rosse di Rotonda Dop - polvere di peperoni secchi di Senise - mousse di Cacio Ricotta Lucano - gocce di Ficotto di Pisticci


Con questa ricetta partecipo al concorso  IO CHEF
 




 
lanciato dal blog  SCATTI GOLOSI di Teresa de Masi e dal sito  DI TESTA E DI GOLA, di Giustino Catalano, in collaborazione con l'UNIONE REGIONALE CUOCHI LUCANI per promuovere i prodotti lucani in occasione del    XXVII CONGRESSO NAZIONALE DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE CUOCHI  che si terrà a Metaponto (MT) dal 7 al 10 ottobre.
 
Una ghiotta occasione, in tutti i sensi, per scoprire e gustare i sapori lucani. L'organizzazione infatti ha inviato ai partecipanti un pacco contenete prodotti tipici lucani, molti dei quali  mi erano assolutamente sconosciuti:

Pane di Matera
Ficotto di Pisticci
Peperone di Senise I.G.P.
Melanzana rossa di Rotonda DOP (fresca e in crema)
Fagioli di Sarconi IGP 
Ceci neri di Pomarico
Pomodori Ciettàicale di Tolve
Cacioricotta o ricotta lucana
Olio extravergine d'oliva di Matera

da abbinare ad uno o più pesci della seguente lista, pesci che saranno al centro dell'attenzione del congresso:
Mormora
Seppia

Cefalo
Gallinella
Sauro
Pesce serra
Sciabola o bandiera
Triglia agostinella
Polpo
Pettinessa
Palamita
Rombo
Lucerna o pesce prete
 
ed elaborare  una ricetta da presentare al concorso.
 
Sono stata in Basilicata o Lucania solo un paio di volte, qualche anno fa ma sempre in appendice ad un viaggio in una regione vicina, prima  in Cilento a cui ho unito l'elegante Maratea  e il suo breve litorale, senza perdermi la statua del Redentore che non ha niente da invidiare a quella di Rio de Janeiro!
In un'altra occasione,  a conclusione di un viaggio in Salento, risalendo la litoranea da Taranto, sono passata da Metaponto per ammirare il suo sito archeologico con le famose Tavole Palatine  e poi, dulcis in fundo o ciliegina sulla torta, il must del viaggio, un luogo che sognavo da tantissimo tempo: MATERA, unica, irripetibile! Che emozione dormire in una b&b ricavata dai "sassi" e scoprire ogni segreto della città in compagnia di una guida preparatissima, simpatica e garbata dal nome bizzarro che purtroppo mi sfugge.
 
Un bellissimo, sorprendente video dell'Azienda di Promozione Turistica della Basilicata, visto proprio a Matera, mi fece finalmente fatto capire quanto ci fosse ancora da scoprire, a livello paesaggistico, storico  e ovviamente enogastronomico. Infatti, oltre a prodotti gastronomici straordinari, alcuni molto noti come il pane di Matera, altri tutti da scoprire, non dimentichiamo che la Basilicata è la terra di uno dei grandi rossi italiani e uno dei miei rossi preferiti: l' AGLIANICO DEL VULTURE, detto anche il Barolo del Sud!
Guardatevi questo video e rimarrete a bocca aperta!  http://www.aptbasilicata.it/Basilicata-in-scena.1569.0.html
E, per chi se lo fosse perso, anche  il divertente   road movie, picaresco e scanzonato  Basilicata Coast to Coast incuriosisce e invoglia  a mettersi in viaggio verso la Basilicata!  Non ultimo questo concorso, non ho più scuse, sarà la mia prossima meta, garantito!
 
Ora, dopo questa breve, doverosa ma meritata premessa alla straordinaria terra Lucana, veniamo alla ricetta per il concorso. Avevo tantissime idee, i miei pesci candidati erano sciabola e palamita ma bisognava scegliere, dopo diverse seg....cioè.. elucubrazioni mentali, ho optato per la palamita, perfetta per la realizzazione eletta!
Ovviamente prima di procedere e concretizzare l'idea che avevo in mente, ho assaggiato i prodotti e deciso come dosare gli ingredienti.
Faccio un passo indietro, ero in vacanza quando ho appreso del concorso e, avendo letto, all'atto della partecipazione,  che la spedizione sarebbe avvenuta ai primi di settembre, non mi ero preoccupata perché avrei fatto in tempo a tornare. Invece la spedizione è stata anticipata! Sono riuscita comunque a  comunicare con il corriere e concordare che sarebbe ripassato al mio ritorno.
Il problema però è stato che sono passati diversi giorni e che giorni! con temperature molto alte. Morale le mie adorabili melanzanine rosse di Rotonda erano un po' stanche, poverine, giravano da quasi una settimana! Anche il pane aveva fatto un po' di muffa superficiale, però ho eliminato una bella fettona e dentro era integro, il cuore ancora umido, persino!! Non potevo perdere altro tempo, ho aperto il pacco, ho iniziato ad annusare, assaggiare e a cucinare.
 
Le melanzane erano recuperabilissime, solo avevano sviluppato tanti semini. Le "rosse" sono stupende, bellissime e profumatissime, con un gusto spiccato e gradevolmente amaricante. 

L'olio extravergine d'oliva biologico di un'azienda di Matera, blend di   Ogliarola del Bradano, Leccino, Coratina e Frantoio è profumato e dal gusto intenso ma ben equilibrato tra le note fruttate, il piccante e l'amaro. Gradevole il sentore "verde" di foglia di pomodoro e la mandorla amara nel finale.
 
Buoni pure i ceci, dal gusto dolce e nocciolato, in cottura diventano marroni e dentro la polpa è chiara, infatti mi hanno spiazzata perché io avevo pensato al rocher o pralina che dir si voglia proprio in virtù del colore nero, però non ci ho rinunciato, va bene anche marrone!

Il pane di Matera, inutile dirlo, è impareggiabile, un gusto e un profumo unici. Squisiti e curiosi i peperoni di Senise, ridotti in polvere mi sa che li spargerò su diverse pietanze. Che dire poi del cacio ricotta, gusto ricco,  burroso ma asciutto, dolce e sapido insieme, una delizia.
 
Ma il vero coup de coeur, totalmente inaspettato è stato il ficotto di Pisticci! Mi immaginavo uno sciroppino melenso invece è un elegantissimo elisir, fluido,  dal caramellato che ricorda nettamente il fico secco, concentratissimo nel gusto da dosare a gocce,  piacevolmente amaricante, quasi chinato e con una lieve vena acidula che ricorda il tamarindo oserei dire. Anche col Ficotto mi divertirò molto!
 
Gli unici prodotti  che non ho ancora testato sono i fagioli di Sarconi e la crema di melanzane avendo optato per i ceci e per le melanzane fresche. Ma quelli non si sciupano, possono aspettare, verrà anche il loro turno, fuori concorso.
 

Mi sono molto concentrata sulla realizzazione di una ricetta che prevedesse quasi esclusivamente i prodotti lucani in purezza, in modo da esaltarne le caratteristiche, le uniche aggiunte sono state latte e panna per addensare dove necessario. E' una ricetta molto semplice, essenziale, presuppone solo un po' di organizzazione e di programmazione.
 


 Ingredienti per 6 ROCHER
 
480 gr di polpa di palamita pulita e spellata precedentemente abbattuta*

80 gr di ceci neri di Pomarico cotti 
 (a crudo saranno 40 gr ma non li ho pesati, li ho cotti tutti e ne ho prelevati 80 gr per questa ricetta)

80 gr di pane di Matera raffermo, senza la crosta
200 gr di melanzane rosse di Rotonda Dop
50 gr di Cacio Ricotta Lucano semi-stagionato
50 ml di latte
80 ml di panna fresca
15 gr di pomodori secchi di Ciettàicale di Tolve
1 peperone secco e fritto di Senise
Gocce di Ficotto di Pisticci
Olio extravergine d'oliva di Matera
Sale qb
1 rametto di rosmarino fresco
 
 
*I cuochi lo sanno bene ma per chi non lo sapesse ancora, la palamita va abbattuta perché la cottura  al cuore deve risultare più che  au bleu, cioè cruda all'interno! Quindi, in mancanza di un abbattitore dove la sosta può essere limitata a 24h a -20°, nei freezer domestici (-18°/-15°) prolunghiamo la sosta per almeno 3-4 gg.
Per ottenere 480 gr di polpa pulita e spellata per 6 palline da 80 gr di polpa cad, considerato uno scarto del  40-50% (la capoccia della palamita pesa!!) bisognerà acquistare una palamita di gr 800-1000 (meglio abbondare se poi non si è dei maghi a sfilettare perchè in tal caso lo scarto aumenta).
 
Procedimento
 
La sera prima ho messo a bagno i ceci, la mattina successiva sono bastati 25 min di pentola pressione, dal fischio.
Nel frattempo ho tolto la palamita dal freezer.
 
Una volta cotti, ho scolato i ceci, ho prelevato la quantità necessaria e li ho ridotti in granella al coltello. Ho affettato il pane, tolto la crosta, fatto asciugare (non tostare) 5' in forno a 180° altrimenti è difficilissimo  tritarlo nel mixer, e poi tritato grossolanamente.  Mi è spiaciuto relegare questo meraviglioso pane a semplice ingrediente di panatura, avrei voluto renderlo più protagonista e lo farò in seguito, svincolata dal concorso.
Ho miscelato i ceci e il pane tritati e ho messo da parte.
 
Ho pulito e tagliato  a fette spesse di ca 1,5- cm le melanzane rosse, le ho cosparse di sale grosso per fargli perdere l'amaro e le ho lasciate riposare per un'ora ca.
 
Mousse di cacio ricotta: ho montato la panna, ho sciolto il cacio ricotta grattugiato finissimo nel latte a fuoco dolce, ho fatto raffreddare e poi ho amalgamato  la panna montata a cui ho tolto una generosa cucchiaiata da unire ai pomodori secchi.
 
Pesto di pomodori secchi: ho messo a bagno in acqua molto calda i pomodori secchi per mezz'ora ca, poi li ho strizzati, li ho tritati finissimi al coltello fino quasi a ridurli in pasta e li ho amalgamati alla cucchiaiata di panna montata che avevo messo da parte per ottenere una crema densa con cui ho arrotolato 6 palline grandi come nocciole per il cuore del ROCHER. Ho pensato di amalgamare la pasta di pomodori secchi con la panna per ammorbidire un po'  il loro gusto acidulo e sapido, e per ottenere un effetto cremoso, per chi ama i gusti decisi, volendo si può fare il pesto anche con l'olio evo al posto della panna, in quel caso creerei una pallina più piccola di una nocciola.
 
Caviale di melanzane
Ho sciacquato e scolato bene le melanzane, le ho scosse per fargli perdere i semini e poi le ho cotte al vapore per 4-5 minuti. Le ho stese su un canovaccio ad asciugare e in seguito le ho tritate al coltello per creare il caviale. Le ho condite semplicemente con l'olio evo di Matera e un po' di sale per esaltare il loro aroma speciale.
 
Polvere di peperoni
ho tritato  un peperone secco e fritto riducendolo in polvere
 
Tutto pronto, a questo punto scatta l'operazione ROCHER!
 
ROCHER è una  divertente definizione che calza a pennello a praline salate, panate con granelle varie, frutta secca in primis, come  il rocher di fegatini in granella di nocciole (da urlo!) dell'amico Luca Cai dell'Osteria Tripperia Il Magazzino di Firenze
Ho appreso la tecnica della pralina con la sorpresina all'interno da uno chef di mia conoscenza, Michele Martinelli della
Locanda Martinelli di Nibbiaia, Li, immortalata in Poverimabelli qui .

Tritiamo al coltello la polpa di palamita ben asciugata, dividiamola in 6 mucchietti da 80 gr cad e poi procediamo così:
 
rivestiamo una spianatoia con un quadrato di pellicola, stendiamo il nostro mucchietto di palamita e posizioniamo nel centro una pallina di pesto di pomodori
 
Prendiamo ora  i quattro angoli della pellicola e richiudiamoli  al centro in modo da raggruppare la polpa e formare una palla, racchiudendo all'interno  il cuore di pomodori secchi. 
 
 
liberiamo la palla ottenuta dalla pellicola, aiutiamoci con le mani per arrotondarla al meglio e  passiamola nella granella di pane e ceci
 
 
pronta per la rosolatura! 
 
 
Ed eccola nel piatto finito!
 

 
Cottura e composizione del piatto
Prima di rosolare il rocher, ultima fase, prepariamo il piatto da portata, posizioniamo una quenelle di melanzane  e un fiocco di mousse di cacio ricotta (io ho usato un sac à poche con la bocchetta stellata)  in piattini neri da finger food per far risaltare meglio il bianco della mousse e il rosso delle melanzane a contrasto col piatto bianco, poi appoggiamo sul  piatto un cucchiaino contenente del ficotto e  diamo una strisciata con la polvere di peperoni, in modo che ognuno possa dosare a proprio gusto le gocce di ficotto e la polvere di peperoni.
Ora non resta che rosolare velocemente la nostra palla di palamita in una padella antiaderete con un po' d'olio evo di Matera e un rametto di rosmarino (qui salta fuori la Toscana, non c'è cece senza rosmarino!)  basteranno un paio di minuti, scuotendo e ruotando ripetutamente la padella per far roteare la palla in modo che cuocia uniformemente e si formi una bella crosticina esterna dorata e croccante. Regoliamo di sale e misuriamo la temperatura al cuore con un termometro, deve essere sui 30°-35° C (un po' meno della temperatura prevista per la cottura della carne au bleu, cioè 40°C) , la polpa rimane praticamente cruda, si intiepidisce appena, è così che la volevo. Il contrasto con il croccante caldo fuori e la polpa cruda, morbida e dolce dentro, con il cuore cremoso di pomodori secchi   che si strugge in bocca è molto divertente!
Quindi, atto finale, posizioniamo il nostro ROCHER fra il caviale di melanzane e la mousse di ricotta e andiamo a tavola!!
 
Consigli per la consumazione
 la commissione d'assaggio domestica (cioè mio marito ed io) ha deliberato che la sequenza d'assaggio ottimale è questa: dividere il rocher in 4 parti, assaggiare un quarto al naturale, un quarto con un po' di caviale di melanzane rosse e  una spolverata di peperoni secchi, un quarto con un fiocco di mousse e qualche goccia di ficotto e per l'ultimo quarto si ripete quello che si è gradito maggiormente!
 Divertente no?
A mio avviso sarebbe da servire come antipasto, 1 rocher a commensale (ma con delle riserve pronte!!),  noi ci abbiamo fatto piatto unico perché ci siamo sparati 3 rocher a testa, con la scusa di fare le prove cotture e degustazioni.........
 
 
 
 
 
 


 

lunedì 9 settembre 2013

POLPINE DI LANZARDO (O SGOMBRO CAVALLO) IN MARINATA AGRODOLCE-AROMATICA

 
L'ultima cenetta all'aperto nel nostro giardino non ancora finito del tutto,  prima di partire per le vacanze, verso metà agosto. Abbiamo traslocato nella casa nuova a giugno dello scorso anno ma abbiamo iniziato i lavori del giardino solo quest'anno, poi, a causa del meteo primaverile sfavorevole e per colpa di chi non mantiene gli impegni,  siamo arrivati ai primi di agosto. E' quasi finito, manca "solo" l'erba!!
Non mi ricordavo più che avevo caricato le foto e mai scritto il post.
La voglia del lanzardo o sgombro cavallo era scaturita leggendo questo articolo di Marco Bellentani, un giornalista e critico enogastronomo che seguo da poco ma che mi diverte molto col suo stile brillante, scanzonato, simpatico e ironico, sapiente ma non saccente, entusiasta fino al viscerale, una lettura  gradevolissima, fuori dagli schemi  enogastro-tecnici:
 
Il giorno successivo all'articolo, mi capitò di trovarlo in pescheria, non il Bellentani, il lanzardo! Non  me lo sono lasciato scappare e ho prontamente informato l'amico giornalista condividendo in anteprima la foto del piatto.
 
 
L'avevo già immortalato altre volte nel blog, BOCCONCINI DI LANZARDO ALLO ZENZERO  e PANZANELLA CROCCANTE E FILETTI DI SGOMBRO CAVALLO e dal momento che non c'è 2 senza 3, voilà:
 
POLPINE DI LANZARDO IN MARINATA AGRO-DOLCE AROMATICA
 (nel mio giardino, al tramonto, una sera d' agosto)
 

NB: l'apparecchiatura "raffinata" è opera di mio marito, vedi il tovagliolo e le posate messe in quel modo!! Io mi stavo dimenticando della foto, sono corsa in casa a prendere la reflex per non perdere la luce del tramonto e mi sono accorta dopo, va beh....il bello della diretta!
 
 
Ingredienti per 2 persone
 
2 lanzardi da 250 -300 gr cad
1 cipolla rossa di Certaldo (fresca)
aceto di mele, olio evo toscano, sale, zucchero
menta, origano fresco, basilico
 
Sfilettare i lanzardi, levare accuratamente con le pinzette ogni piccola lisca residua. Cuocerli al vapore pochi minuti (3-4 ' saranno sufficienti), posizionandoli nel cestello dalla parte della pelle. Toglierli dalla vaporiera scartando la pelle (che rimarrà strategicamente appiccicata sul fondo). Disporli in una pirofila, lasciarli stiepidire e poi irrorarli con un'emulsione di olio evo, aceto di mele, sale, un po' di zucchero, a cui vanno aggiunte le cipolle affettate finemente e le erbe aromatiche tritate. Lasciarli marinare almeno mezza giornata, avendo cura di girare i filetti di tanto in tanto in modo che si insaporiscano uniformemente dai due lati.
Servire a temperatura ambiente accompagnati da verdure a piacere o una semplice insalata mista.
Il vino? era una ribolla gialla friulana, non delle migliori ma gradevole.
 
 
 
 
 
 



HANNO ABBOCCATO ALL'AMO