martedì 28 maggio 2013

RELAIS POGGIO AI SANTI, RISTORANTE IL SALE E UNA CURIOSA COINCIDENZA



Conosco di fama già da qualche anno il fascinoso  Relais di campagna POGGIO AI SANTI e il suo ristorante gastronomico IL SALE, come ho confessato  a Francesca Vierucci, la squisita padrona di casa. Da tempo mi ripromettevo di fargli visita ma, come spesso accade, si tende vergognosamente a dimenticare o a rimandare tutto ciò che è più a portata di mano a favore di situazioni più remote, perché per quelle vicine c'è sempre tempo!
 
Ma quando il richiamo è forte e le coincidenze si infittiscono, giunge il momento e non si può più tergiversare! L'occasione infatti è scaturita dalla recente Festa della Palamita di San Vincenzo, quando, colpita dal piatto presentato da Denio Bruci, lo chef del Sale, gli ho dedicato una piccola citazione nel mio feedback della festa e ho pensato di fare cosa gradita inviando il link all'indirizzo e-mail della struttura. 
Francesca, gentilissima, mi ha ringraziata invitandomi ad andarla a trovare per approfondire la nostra conoscenza, peraltro già avvenuta sommariamente presso la Mediterranea Belfiore, comune amica.
 
Dovendomi recare a San Vincenzo per diverse commissioni, venerdì scorso, raccolgo l'invito e mi ritaglio una bella pausa pranzo. Una fresca libecciata  mi accompagna su per i poggi alle spalle della cittadina e, man mano che mi avvicino, pregusto lo spettacolo che mi si prospetterà di fronte, conoscendo bene la costa, non è una sorpresa ma è sempre una grande emozione. Il Relais domina infatti il magnifico golfo di Baratti con il suo contorno delle maggiori isole dell'arcipelago, Elba e  Capraia e dietro a quest'ultima, nelle giornate più limpide, anche la Corsica che non mi stanco mai di ammirare.
 
 
Arrivo alle h 12.30 come concordato, Francesca è nel suo amato giardino, io mi metto la macchina fotografica al collo e incomincio a scattare estasiata dalla vista, dai particolari degli interni e degli esterni della villa, curati in ogni dettaglio da lei stessa, che farebbero la gioia di ogni appassionato di fotografia e che costituiscono set fotografici ideali per foodblogger. Infatti la mitica Babs ha realizzato un workhop di photo food proprio presso la struttura e ha dedicato diversi articoli e meravigliose foto a testimonianza dei suoi, a quanto pare, frequenti passaggi a Poggio ai Santi. Leggi e ammira qui e  qui
 
 
 
 
Le mie foto sono modestissime  e non sono riuscita nemmeno ad immortalare tutto quanto né tanto meno ad ammirare le splendide suites,  perché il tempo è volato via e ho dovuto congedarmi prima di completare l'opera con la promessa naturalmente di tornarci al più presto!
 
 


 
 
 
A pranzo, Francesca ed io ci accomodiamo in uno dei tavoli della luminosa veranda con vista mare, iniziamo  a raccontarci a vicenda mentre il simpatico chef ci coccola  con  degli assaggi per niente poveri ma veramente belli e buoni, anzi molto buoni! Stupisco Francesca indovinando i suoi natali senesi, e la ascolto curiosa di conoscere tutto di Poggio ai Santi, che, oltre ad essere un relais di charme, è fondamentalmente un'azienda agricola biologica di ben 40 ettari  che produce olio d'oliva, miele, cereali, frutta e ortaggi.
Il casale  principale, sede del relais, è di origini ottocentesche ed è stato ristrutturato e ampliato negli anni con grande cura e buon gusto. Denominato "Poggio ai Santi" perché un milanese, acquistando un podere vicino,  ha pensato bene di soffiargli il nome Podere San Bartolo che è sempre appartenuto invece alla storica azienda agricola perché sita in via San Bartolo. Per evitare dispute col nuovo arrivato, hanno pensato di onorare tutti i santi che ricorrono nella toponomastica locale: San Vincenzo, San Bartolo, San Carlo e chiamare il Podere appunto POGGIO AI SANTI così non hanno fatto torto a nessun santo e hanno mantenuto l'armonia del buon vicinato. Che classe! E quanta passione mettono nel loro lavoro. Francesca  e tutta la famiglia hanno la campagna nel dna e quell'amore per la propria terra che non si può che invidiare!
 
 
 
Francesca e Giulio, uno dei suoi due figli,  che segue  Poggio ai Santi

Appena portato in tavola, insieme ad una deliziosa focaccina calda, faccio onore  all'ottimo olio extravergine d'oliva biologico prodotto dal podere, un igp Toscano, blend tradizionale dal gusto intenso e perfettamente equilibrato, che ha ottenuto numerosi riconoscimenti da parte di guide specializzate nazionali ed internazionali.
 
 
Ed ecco che arriva Denio, soprannominato Denny, con la sua profumatissima e gustosissima tartare di scampi servita  su crostini caldi di pane toscano tostato e spalmato di burro della Normandia a cui lo chef, per usare le sue parole quando gli ho spudoratamente chiesto il segreto della misura del piatto, "ha fatto vedere" l'aglio  e ha completato con un tocco di limone da vero artista. (chissà se può funzionare anche con le acciughe?)
 
 
 
Un capolavoro  di equilibrio, sensibilità e sapienza, un intramontabile cavallo di battaglia  di Denny, che fa parte del suo bagaglio culinario sin dai tempi del suo leggendario ristorante Il Cappellaio Pazzo di Campiglia M.ma,  che gli valse una stella Michelin! E un  libro pubblicato da una casa editrice tedesca!
 
 
 
La tartare  era accompagnata dall'ottimo vino "della casa" che avevo già avuto occasione di assaggiare, un viognier  imbottigliato per Poggio ai Santi dall'azienda amica Podere San Michele di San Vincenzo che conosco bene.
 
 
 Denny

Il secondo piatto, top secret,  è stato emozionante perché era una prova di un inedito abbinamento pesce e birra per una prossima pubblicazione. Scopro infatti che  Francesco, il secondo figlio, ha da poco aperto un birrificio artigianale a Monterotondo Marittimo, il Birrificio de' Neri e ci scappa pure un assaggio di birra naturalmente, in questo caso la Birra de' Neri rossa utilizzata per la preparazione del piatto, una birra in stile belgian ale, fresca, amaricante, dall'effervescenza vivace e gradevole.
Inutile dire che  il Birrificio de' Neri sarà la mia prossima meta!


E subito dopo non ti vedo arrivare Marco Provinciali ed Andrea Leonardi dell'agenzia di comunicazione Superioradv, che devono fotografare il piatto per il loro prossimo libro dedicato appunto a  pesce e birra? Sì, gli stessi autori  di  PESCE E VINO ROSSO  che ho da poco conosciuto! Ma guarda le coincidenze!
Per ovvi motivi purtroppo non posso rivelare la composizione  né  pubblicare la foto del piatto che era veramente indovinato e squisito ma posso almeno  mostrare il set fotografico dei professionisti!
 
 

Mi consolo con un "tuffo nelle fragole" come Denny ha definito il suo imperdibile e superbo sorbetto di fragole appena fatto. E come si fa a resistere al tuffo? Ah....Quel tocchetto bianco che spunta dal sorbetto non è roquefort come può sembrare bensì cioccolato bianco all'aneto. Stupendo. Punto!

 

Un caffè al volo e via di corsa che ero in ritardo pazzesco per l'appuntamento successivo! Lascio a malincuore quel luogo di delizie per spirito e palato, con l'augurio  di ritornarci prestissimo per gustare e fotografare nuovi piatti o semplicemente per starmene seduta in silenzio in un qualsiasi angolo del giardino e godere dell'incanto della campagna e della vista di un mare che non finisce mai di stupire.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 25 maggio 2013

INSALATA DI POLPO E FRAGOLE CON MAIONESE AL BASILICO

 
L'ho mangiato tantissime volte alla Perla del Mare di San Vincenzo, dalla mia amica chef Deborah Corsi che l'ha avuto in carta per un paio d'anni credo,  eppure non gliel'ho mai copiato!!!
Mi è tornato in mente perché stavo elaborando un'altra cosa sempre a base di polpo e fragole, che pubblicherò a ruota ovviamente. Intanto immortalo questo, semplicissimo ma di grande effetto e gusto soprattutto!
 
Deborah cuoce il polpo sottovuoto a bassa temperatura per 3 h, io uso il metodo casalingo più sbrigativo con la pentola pressione, anche perché poi riutilizzo il brodo. Allora, ho preso un polpo verace di scoglio di ca 900 gr, l'ho congelato per qualche giorno così si sfibra e risulta più arrendevole alla masticazione. Dopo averlo scongelato, l'ho cotto nella pentola pressione con un po' di odori classici: sedano, carota, cipolla e prezzemolo. L'ho buttato ad acqua fredda e ho chiuso la pentola, ho fatto cuocere 35 min. dall'inizio del fischio.
Poi l'ho scolato, ho raccolto il prezioso brodo di cottura e l'ho messo da parte per un altro utilizzo, ho pulito un po' il polpo ma senza spellarlo completamente, non sopporto quei polpi che sembrano passati in candeggina, ne soffre anche il sapore!
Ho messo da parte ca  1/4 della polpa ottenuta e i 3/4 rimasti li ho semplicemente conditi con delle fragole fresche tagliate a tocchetti, olio evo, sale e qualche goccia di aceto balsamico.
Ho preparato una maionese classica emulsionando alla fine del basilico fresco frullato con olio e un poco di acqua fredda.
Per la presentazione, basta fare un mucchietto in un piatto e contornarlo con una strisciata di maionese, poi si serve un po' di maionese a parte in una salsiera e ognuno ne può aggiungere a piacimento.
Volendo si possono aggiungere anche dei cubetti di patate lesse per arricchire il piatto e per moltiplicare strategicamente le porzioni!
Noi l'abbiamo mangiato in 2 come piatto unico insieme ad un'insalata verde ma con qualche tocchetto di patata le porzioni diventano anche 4 antipasti.
 
 
 
Segue POLPO E FRAGOLE 2....................
 
 
 

sabato 18 maggio 2013

TROCCOLI CON ACCIUGHE DI PIOMBINO E IL LORO QUINTO QUARTO

 
Sono stanca. Quando sono stanca mi prende la malinconia e il malumore. Dormo poco e male, troppi pensieri mi frullano per la testa. Organizza, programma, fai, vai....forse ho esagerato....dovrei darmi una calmata. Il mio solito entusiasmo mi fa intraprendere attività nuove e stimolanti ma anche molto impegnative e quasi stressanti. Il campanello d'allarme suona, non basta mettersi i tappi nelle orecchie!
Intanto mi consolo con le mie amate acciughe. E' un momento propizio per loro, vengono vicino a riva, in acque più basse, per riprodursi e quindi la pesca è agevolata e soprattutto ce n'è in  abbondanza.
 
Ero andata in pescheria per tutt'altro ma quando ho visto quelle belle acciugotte grosse e piene non ho saputo resistere, incalzata anche dagli amici della pescheria che mi incitavano scherzosamente "Cristina, ci so' le tu' acciughe!!
E allora, bottino ricco, mi ci ficco!
Ne piglio una manciatina per la pasta. Torno a casa, le pulisco e trovo la sorpresa: tutte piene di uova e lattume, che tolgo e pulisco accuratamente e intanto medito su come sfruttarli.
Abbandono ogni pensiero strano e mi concentro sul metodo  più semplice, ho usato spesso le uova fresche di pesce per condire la pasta ma ne servono molte, in questo caso, avendone pochine,  le ho unite alle acciughe stesse, nature, senza basi, soffritti, nulla, solo acciughe.
E ho avuto ragione perché è risultata una pasta veramente speciale, almeno per gli amanti dei gusti di mare puri!
 
Le uova in primo piano e il lattume dietro, di colore più chiaro
 
 
Ingredienti per 2 persone
 
250 gr di troccoli freschi
100 gr di acciughe pulite e sfilettate (senza codina)
+ uova e lattume delle stesse
1 cucchiaino di colatura di alici
brodo di pesce qb
olio evo, sale qb
 
Ho tritato le acciughe e le ho fatte rosolare velocemente in una padella larga con un po' d'olio evo, ho aggiunto qualche cucchiaiata di brodo di pesce, 1 cucchiaino di colatura di alici, le uova e il lattume e ho spento subito lasciando il sughetto molto brodoso in modo da farci saltare poi la pasta. Ho regolato di sale. Nel frattempo ho buttato la pasta, l'ho scolata molto al dente e ho finito di cuocerla nel sughetto aggiungendo altro brodo di pesce in modo che si formasse una bella cremina. Le uova e il lattume praticamente si sono cotti  per pochissimi minuti durante la  mantecatura della pasta.
Tutto qui, semplice ma non banale.
 

 
 
 

venerdì 10 maggio 2013

PESCE E VINO ROSSO? SI' GRAZIE! CEFALO AL CAFFE' E RIDUZIONE DI DE' RE'

 
Ultimamente ho rivalutato Facebook, sto stringendo amicizie interessanti e sto avendo scambi potenzialmente fruttiferi! Del resto, chi ben semina, meglio raccoglie, giusto?
I miei feedback di eventi e manifestazioni enogastronomiche hanno colpito un produttore che mi ha voluto sottoporre il suo vino d'esordio. Produttore che conoscevo sotto altra veste, cioè titolare di un'agenzia di comunicazione e marketing, nonché temporary manager: MIA 24 
Francesco Belà, radici toscane, grinta, entusiasmo e verve da vendere, ci incontriamo ed è subito feeling. Mi racconta il suo progetto e parla del suo primo vino come del primo figlio, non mi stupisce, lo capisco e  mi diverto molto.
 
Il vino in questione è stato chiamato De' Rè, nome evocativo dell'eccellenza enologica toscana come pure il brand creato ad hoc per la sua commercializzazione: TUSCANY LUXURY.
 
Tecnicamente si tratta di un blend di Merlot e Cabernet Franc, coltivati sui crinali di Castellina Marittima (Pi), etichettato come IGT Toscano, viene affinato 12 mesi in barriques e 12 mesi in bottiglia. Prima annata in commercio la vendemmia 2010, presentata quest'anno con grande determinazione.
  
Ho messo da parte le bottiglie per un paio di settimane, impegnata a scorrazzare tra un evento e l'altro e poi è arrivato il momento per dedicarsi a De' Rè. Da subito non ho avuto dubbi che sarebbe stato pesce il piatto da abbinare! Mi sono programmata diligentemente, ci ho riflettuto per giorni, ho scartabellato fra i miei libri, fra gli esempi di abbinamenti pesce e vino rosso sperimentati con l'amica Deborah Corsi in molte occasioni, fra i piatti assaggiati recentemente allo Scolapasta di Castiglioncello per ROSSO DI SERA
 
Mi stimolava troppo questa attività, volevo esprimermi degnamente. Per creare un abbinamento corretto bisognava assolutamente assaggiare il vino e poi decidere il piatto ma in base all'esperienza, un'idea del vino l'avevo ben in mente, mi ero  concentrata quindi su un paio di piatti che sembravano adatti ed  avrei calibrato di conseguenza all'assaggio. Normalmente questi vini sono vini importanti, strutturati, da carni rosse e piatti robusti. Per non cadere sempre nei soliti cacciucchi e cacciuccati o filetti di tonno, ho deciso per il cefalo (o muggine) che è un pesce grasso e saporito che può sostenere preparazioni robuste. Mi sono concentrata sulle caratteristiche di merlot e cabernet franc e l'affinamento in barriques che conferisce note tostate al vino mi ha portato in direzione del caffè.
In un interessantissimo libro sull'uso del caffè in cucina che ho nella mia libreria, uno chef svizzero proponeva dei filetti di luccio perca in crosta di caffè e cacao. Se va bene per il luccio perca perché no con il nostro cefalo?
Ma la ricetta era troppo complessa. Sale & Pepe di maggio mi viene in aiuto. Quando vedo il filetto di maiale in crosta di caffè di Simone Rugiati decido e rielaboro a modo mio come sempre.
 
Sono quasi emozionata quando apro la bottiglia e procedo all'assaggio. Tutti gli ingredienti sono pronti, aspettano solo la conferma.
 
Appena stappato il naso è comprensibilmente un po' chiuso ma avrò modo di lasciarlo nel bicchiere ad aprirsi e  piano piano gli aromi si schiudono e i profumi di  piccoli frutti rossi si palesano elegantemente, così come delicate sfumature balsamiche e una lieve e gradevole nota tostata.
All'assaggio, l'ingresso è morbido, lo sviluppo in bocca armonioso, l'acidità vivace, i tannini già ben sviluppati e setosi, il finale lungo, asciutto,  ripropone il frutto e la nota vanigliata/speziata della tostatura ma senza eccessi.
Sono piacevolmente sorpresa, decisamente un vino equilibrato, di carattere, senza fronzoli, di buon corpo e con una freschezza sorprendente che rende piacevole e facile la beva, nonostante i suoi 14°! E sicuramente con un discreto potenziale all'invecchiamento.
 
 
 
 
La mia scelta poteva essere valida. Procedo!
 
CEFALO IN CROSTA DI CAFFE', RIDUZIONE DI DE' RE' E CIALDA DI FARINA DI MAIS
 
 
Ingredienti per 2 persone
 
un cefalo gaggia d'oro di ca 800 gr (fra le varietà migliori)
2 cucchiaini di caffè Sidamo (varietà etiope, Torrefazione Trinci, Bientina, Pisa)
3 cucchiaini di zucchero di canna integrale
1 cucchiaino di pangrattato
olio evo, sale e pepe qb
brodo di pesce qb
 (scorfano/cappone, cipolla tropea, sedano, carota, pomodoro, bacche di ginepro, prezzemolo)
80 cl di vino De' Rè
50 gr di farina di mais a cottura rapida (come da ricetta di Rugiati)
250 cl di acqua
 
Per prima cosa prepariamo il brodo di pesce. Io ho preso uno scorfanetto nero e un capponcino (ca 400 gr in totale) li ho messi in una pentola coperti di acqua fredda (0,75 lt ca) con mezza cipolla rossa di tropea, mezzo gambo di sedano, una carotina, qualche bacca di ginepro, prezzemolo, un pomodorino piccadilly molto maturo, poco sale e ho portato a bollore,  ho lasciato sobbollire per ca mezz’ora, poi ho tolto i pesci (spolpati per farci un sughetto per la pasta), ho filtrato il brodo e messo da parte le verdure togliendo le bacche di ginepro.
A questo punto avremo ottenuto circa una tazza di brodo che potrà servire anche  per altre preparazioni. Ho messo le verdure di cottura in un pentolino con un paio di cucchiaiate di brodo e il vino, ho fatto restringere della metà, assaggiato, regolato di sale e un pizzico di zucchero di canna perché risultava troppo acidulo, poi ho frullato il tutto fino ad ottenere una salsetta liscia.
Poi ho preparato la polentina mettendo a bollire 250 cl d’acqua in una casseruola e 1 cucchiaio d’olio evo, ho versato a pioggia la farina di mais mescolando per non creare grumi e fatta cuocere pochi minuti. Poi ho steso in uno strato sottile con una spatola alcune cucchiaiate di polentina su un foglio di carta da forno, le ho trasferite su una teglia e  le ho passate in forno a 200°C per una decina di minuti fin che sono risultate  dorate e croccanti.
Da ultimo ci dedichiamo al pesce. Il mio bel cefalotto era stato sfilettato e spellato dal mio pescivendolo, non è un’operazione semplicissima col cefalo, ha  una pellaccia coriacea. Ho ricavato dei trancetti e li ho avvolti velocemente nel mix di caffè, zucchero e pan grattato (deve essere una velatura non una panatura spessa). Poi li ho salati e rosolati in padella con olio evo e ciuffetti di rosmarino fresco, 1-2 minuti per lato a seconda dello spessore del trancio.
Per la composizione del piatto, ho steso una strisciata di salsa, ho adagiato due trancetti di cefalo uno sopra l’altro e ho completato con una cialdina di polenta.
Ero un po’ timorosa sul risultato gustativo della crosta di caffè  su un pesce invece è stata una folgorazione e in casa c’era un profumo particolarissimo, caffè tostato,  mischiato al caramellato dello zucchero e la fragranza del rosmarino, davvero sorprendente. La  grassezza  del pesce si equilibrava  bene con la crosticina  aromatica. Inoltre  la salsetta al De’ Rè bilanciava la complessità gustativa  e si armonizzava con lo stesso vino che accompagnava il piatto naturalmente.
Matrimonio sulla carta un po' azzardato ma ben riuscito, direi, e io sono orgogliosa di essermene fatta sensale!! Lunga vita al De' Rè! Complimenti al produttore! E che pesce e vino rosso sia!
 
Concludo infatti questo lungo post in tema PESCE E VINO ROSSO promuovendo  l'uscita della seconda edizione del libro PESCE & VINO ROSSO, di Andrea Leonardi e Marco Provinciali, domenica 12 maggio, in omaggio con il quotidiano LA NAZIONE, edizione di Livorno!

Giunto alla seconda edizione dopo il successo ed il vivo interesse conseguito nel 2012, vero cult di un modo di pensare innovativo, oltre le convenzioni ed interessante nei contenuti strettamente legati ad una cultura territoriale, ricca di tradizione e tematiche necessariamente gastronomiche ma complete di spunti storici o di comune life-style.

La duplice valenza di ricettario ed almanacco nozionistico, legato ad esperienze personali ed a contenuti medico scientifici ha fatto del  libro un vero e proprio strumento di facile e interessante consultazione per la semplicità di linguaggio, per la facilità di esecuzione delle ricette proposte dai ristoranti e per  l'interessante binomio con alcune delle migliori cantine toscane che esercitano sul  lettore una curiosa voglia di mettersi alla prova, sperimentandone i contenuti e provando  il mistico accoppiamento del vino rosso con alcune ricette a base di pesce.
 

 


mercoledì 8 maggio 2013

NIDI DI AGRETTI ALLE ACCIUGHE E MIMOSA D'UOVO

 
Prima che gli agretti o barbe di frate finiscano, ho voluto riprovarli, ancora in nido ma diversi dalle precedenti versioni: NIDI DI AGRETTI CON SGOMBRO, SCAMORZA AFFUMICATA E SALSA AL PREZZEMOLO e, rivisti e provati con le  acciughe  per UN'ACCIUGA AL GIORNO, NIDI DI AGRETTI E ACCIUGHE CON PANCETTA AFFUMICATA
 
Questa volta ho preso spunto da Sale&Pepe di aprile, bel numero ricco di piatti con erbe e verdure primaverili. La ricetta prevedeva di lessare gli  agretti o barba di frate e poi condirli con un'emulsione di olio evo, acciughe sott'olio, scorza di limone grattugiata e un po' d'aglio.
Io ho preferito saltarli in padella più o meno con gli stessi ingredienti e l'ho reso piatto unico anziché contorno, aggiungendo l'uovo:
ho fatto rosolare dolcemente uno spicchio d'aglio con olio evo, ho aggiunto dei filetti di acciughe sott'olio  tritati (sotto sale sarebbe  meglio, lo so)  ho aggiunto poi un cucchiaio di acqua calda in modo da stufare l'aglio e insaporire l'olio senza farlo arrostire, ho unito le barbe di frate o agretti, una spruzzata di succo di limone, ho regolato di sale (poco perché ci sono già le acciughe) e ho fatto saltare a fuoco vivace per pochi minuti. 
A parte avevo lessato le uova, sgusciate e prelevato il tuorlo rassodato.
Ho formato dei nidi con gli agretti nel piatto di portata, ho sbriciolato con le mani nel centro di ogni nido un tuorlo sodo, ho guarnito con una grattugiatina di scorza di limone e pepe bianco
 
Non ci sarebbero stati male neanche dei dadini di pane tostato
 
 
 
Ingredienti:
 
agretti o barba di frate
acciughe sott'olio o sotto sale
uova
aglio
olio evo
limone bio, scorza e succo
sale, pepe,


lunedì 6 maggio 2013

12a FESTA DELLA PALAMITA, SAN VINCENZO 4-5 MAGGIO 2013

12a Festa della Palamita, San Vincenzo 4-5 maggio 2013
 
Seguo la Festa della Palamita dai suoi esordi, ho saltato  pochissime edizioni! Nei primi anni di svolgimento collaboravo con Slow Food, che allora partecipava all'organizzazione della festa, muovevo i miei primi passi nel mondo dell'enogastronomia, facevo servizio, anche se non ancora sommelier,  agli stand dei vini.
 
Sono affezionata alla Festa della Palamita, è una vera festa, non una semplice rassegna enogastronomica, ha il sapore delle sagre di paese, con la sentita partecipazione di ristoratori e negozianti e con la presenza di personaggi veraci, irripetibili e indimenticabili come il mitico "Nini" il polpaio! Ho ripescato nell'archivio una vecchia foto  insieme a lui, Festa della Palamita 2005, io con il mio grembiulino slow wine e lui col cappello da lupo di mare e i basettoni che lo contraddistinguevano:
 
 
Ieri,  rivedendolo nel manifesto attaccato allo stand dei suoi altrettanto irripetibili eredi e discepoli, il Comitato Valorizzazione Polpo di Nini, mi è scattato l'amarcord ma subito l'esuberante e ciarliero figlio del Nini ha interrotto e scacciato ogni pensiero nostalgico "urlando", letteralmente, simpatia ad ogni parola e gesto!
 
Il "Nini"
 
e il figlio del "Nini" che brandisce polpo e coltello
 
Domenica 5 maggio è stata la giornata clou, con i banchi d'assaggio di specialità gastronomiche a base di palamita proposte da alcuni ristoranti di San Vincenzo, gli immancabili polpai, vedi sopra e l'ARCIPESCA con le sardine alla griglia,  nonché vini della Costa Etrusca ad accompagnare i piatti in degustazione, mercatini agroalimentari, il mercatino del mare e una interessantissima mostra fotografica dedicata alla "Friggera"* di San Vincenzo, cioè l'attività conserviera di prodotti ittici svoltasi tra il 1936 e il 1944, organizzata dal Circolo Fotografico della cittadina, coordinato da Rodolfo Tagliaferri che mi ha illustrato in modo appassionato la mostra arricchendola con gustosi aneddoti e racconti di memorie storiche su cui non posso dilungarmi, meriterebbero un post a sé a cui sto già pensando!   Per approfondimenti: San Vincenzo e la pesca del pesce azzurro di Vinicio Biagi, dal sito del comune di San Vincenzo, per gentile concessione dell'autore.
 
* il termine FRIGGERA derivava dall'operazione di "friggitura", cioè il collocamento dei contenitori di latta,  già riempiti con le sardine e colmati d'olio, su una griglia sovrastante un uniforme strato di brace. A cottura ultimata le scatolette ancora calde venivano chiuse "a stagno" e di lì a poco immagazzinate
 
L'elegante sede della mostra, edificio anni '30, ex casa del fascio, poi edicola e ancora latteria e ora sede del circolo fotografico, dedicata alle mostre
 
Pescatori a San Vincenzo, anni '30
(foto gentilmente concessa dal Circolo Fotografico di San Vincenzo)
 
 
Le sardine inscatolate a San Vincenzo ed apprezzate su tutti i mercati per la loro qualità, con una maliziosa operazione di marketing, assumevano la denominazione "Dante's”, in assonanza fonetica con le famose sardine di Bretagna "Nantes" che già godevano di vasta fama in tutta Europa (testo dal libro San Vincenzo e la pesca del pesce azzurro di Vinicio Biagi)
 
       Eccomi con Rodolfo, il mio cortese cicerone!
 
Un bel sole ha allietato la manifestazione nel pomeriggio, in barba alle previsioni meteo che non concedevano speranze! La giornata infatti  si è aperta solo verso l'ora di pranzo perché la mattina non prometteva niente di buono avendoci svegliati con tuoni e fulmini e una pioggia insistente che hanno provocato molte defezioni di amiche giornaliste e blogger nonché il fuggi fuggi di turisti ma l'affluenza era  comunque notevole.
 
Ho girellato da sola per gli stand da prima dell'assalto degli avventori,  ho fotografato e  ho chiacchierato con molti amici trovati lungo il percorso, ho assaggiato poco purtroppo a causa di un fastidioso bruciore di stomaco.  
 
Lo stand di Arcipesca 
 
    Lo chef Denio Bruci del ristorante IL SALE, Relais Poggio ai Santi, San Vincenzo
 
Il suo raffinato Gravlax di palamita (palamita marinata alla nordica con sale e zucchero, aneto tritato, servito con olio aromatizzato all'arancia e pepe rosa) accompagnato da un ottimo Viognier prodotto e imbottigliato dal Podere San Michele di San Vincenzo per Poggio ai Santi
 
Ristorante La Bella Bertolda, penne palamita e asparagi
 
Ristorante La Bitta, Palamita marinata

Ristorante Blue Marlin, Palamita sott'olio con cipollotti e fagiolini verdi

 
Diego Ciurli e Deborah Corsi, Ristorante La Perla del Mare con la loro deliziosa
CASSATINA DI PALAMITA (palamita, melanzane, pomodorini e pesto al basilico)

 
La porchetta e la mortadella di tonno, gustosissime specialità del ristorante Askos
 
La palamita di pasta di zucchero della Pasticceria La Galleria
 
 
I primi avventori all'apertura degli stand, poi diventati impossibili da fotografare per il gran numero di persone
 
Il mercatino agroalimentare in Corso Italia

Una postazione di sommelier Fisar
 

Il divertente laboratorio creativo per bambini, in Piazza della torre,
TEMPESTA IL PESCIOLINO DI CARTAPESTA
 
il più piccolo all'opera

In due su un pesce, che fatica!!
 
Concludo con queste bellissime immagini di bambini intenti a colorare i loro pesciolini per sottolineare il clima rilassato e sereno della bella manifestazione che, nonostante la crisi e nonostante il ridimensionamento nel format, mantiene orgogliosamente la sua  tradizione  e consolida la sua fama annoverandosi fra le più seguite manifestazioni enogastronomiche della Costa Toscana!
 
GRAZIE A TUTTI E ARRIVEDERCI AL PROSSIMO ANNO!!
 
 

 
 

HANNO ABBOCCATO ALL'AMO